N on è la canzone che vorremmo sentirci dedicare a San Valentino, ma negli anni ’80 ebbe un boom pazzesco. Eppure se “Teorema” fosse scritta oggi, probabilmente non avrebbe lo stesso successo. Non solo: il suo interprete avrebbe anche qualche rogna. Ne è convinto Marco Ferradini che compose il brano nel 1981, secoli prima del movimento “#MeToo”. Ad affossarla sarebbe stato proprio il testo diventato “un manifesto verità” per molti amanti delusi. “Prendi una donna trattala male … E allora sì vedrai che t’amerà”, cantava un Ferradini ferito.
“Un brano pericoloso”
Per l’artista non era politicamente corretta. “Credo che oggi sarebbe pericoloso come brano, probabilmente non lo riscriverei”, ha dichiarato in un’intervista al Corriere della Sera. “All’epoca in cui la composi era contro corrente. Se cantavi i sentimenti eri un canzonettaro. Teorema dice una verità che è anche una banalità: le persone più le tratti bene e più se ne fregano. Non pensavo che avrebbe avuto un tale successo. Furono le femministe a comprenderla per prime, volevano rapporti più forti: ok l’amore ma ogni tanto anche la guerra”, racconta. Oggi - aggiunge - “c’è una violenza insensata verso le donne. Penso sia frutto dell’impotenza dell’uomo di accettare i propri limiti e che sfoga, frustrato, contro la meravigliosa capacità delle donne di essere mille cose insieme. Gli uomini dovrebbero adorare la loro complessità. Invece ne hanno paura e alcuni, i più deboli, le vogliono distruggere”.
“E’ stata strumentalizzata”
Ferradini non la rinnega. Anzi: “È stata la mia fortuna" dice "È stata spesso strumentalizzata, sia dagli uomini che dalle donne. Tutti ricordano il ‘Trattala male’ e il ‘Nessuna pietà’, ma non si soffermano sul finale che dice di lasciare aperta la porta del cuore e di evitare le strategie. Ma è il gioco. A volte è stata un po’ una galera, artisticamente parlando, ma mi ha permesso di fare il lavoro che volevo tutta la vita”.
Sono passati più di 35 anni da quel brano, Ferradini viene ricordato quasi esclusivamente per “Teorema”, ma non ha smesso di scrivere. Venerdì 15 alle 21.30, al Folk Club di Torino, porterà in scena “La mia generazione”, uno spettacolo pensato insieme al pianista Josè Orlando, che ricorda Herbert Pagani, artista geniale e controverso morto per una leucemia fulminante a 44 anni. Nato in Libia, di religione ebraica, Pagani fu pittore, voce di Radio Monte Carlo e autore per molti cantanti famosi italiani e stranieri (sua “Les amants d’un jour” interpretata da Edith Piaf e poi da Gino Paoli, Ornella Vanoni e Milva). Per Ferrandini Pagani non era solo un collega ma anche un amico. Con lui si rifugiò in una baita in montagna per sfuggire a quelle pene d’amore che diedero linfa al brano che portò il cantante al successo.