"In uno dei momenti più bui della nostra vita, non siamo in grado di trovare le parole appropriate per esprimere il dolore nel nostro cuore. Abbiamo perso la matriarca e il rock della nostra famiglia. L'amore che ha avuto per i suoi figli, nipoti, nipoti e cugini non ha avuto limiti", ha scritto la famiglia di Aretha Franklin annunciando al mondo la morte della regina del soul. Le sue canzoni hanno accompagnato generazioni di appassionati di musica leggera e fatto scoprire al di là dei confini americani un genere destinato a influenzare il cammino artistico di cantanti di ogni Paese.
Ma c'è un altro aspetto della vita e dell'arte di Aretha Franklin che la rendono una donna rivoluzionaria per la sua epoca: il suo impegno per l'affermazione non solo del suo essere una artista di colore, ma anche di essere una donna.
Era il giorno di San Valentino del 1967 quando si sedette al piano negli studi di registrazione della Atlantic Records a New York e trasformò una canzone che Otis Redding aveva scritto due anni prima in un inno dell'emancipazione femminile e del movimento per i diritti civili. Quella canzone, che era nata con tutt'altra intenzione, si intitolava 'Respect'.
Era una semplice richiesta di qualcosa che non poteva più essere negato, ma Aretha ne aveva fatto qualcosa di più: ne aveva ribaltato il significato, Nella versione originale era un uomo che chiedeva alla propria donna di rispettarlo, quando tornava a casa dal lavoro. Nella versione di Aretha le cose cambiavano: era la donna a pretender rispetto. Il paese non aveva mai sentito niente del genere.
Quando uscì, il disco conquistò la prima posizione della classifica e vi rimase per tre mesi.
Del resto Aretha era cresciuta in un ambiente impregnato di impegno civile. Suo padre, il reverendo battista C.L. Franklin era amico di Martin Luther King e la sua casa era frequentata da leader del movimento per l'emancipazione degli afroamericani come James Cleveland e Clara Ward, come racconta il Washington Post.
Il reverendo Franklin, ricorda in New Yorker, riempiva la casa di amici musicisti del calibro di Duke Ellington, Della Reese, Nat King Cole, Mahalia Jackson. Ma sapeva anche essere un padre furioso e minaccioso. Aretha Franklin parlava raramente della sua vita interiore, delle sue crisi - era cauta nei rapporti con tutti - e forse proprio per questo la sua voce era unica come quella di Bessie Smith e Billie Holiday, Louis Armstrong e John Coltrane.
Come Ray Charles e Sam Cooke, Franklin combinava anima e corpo. Preghiera, amore, desiderio, gioia, disperazione, estasi, femminismo, potere nero: è difficile pensare a un artista che abbia fornito una riflessione più profonda e profonda dei suoi tempi.
E appena un anno dopo 'Respect', nel 1968,, Aretha tornò sul tema, con una canzone questa volta scritta da lei e dal marito, Ted White. 'Think', entrata nella leggenda 12 anni dopo grazie alla colonna sonora del film 'Blues Briothers', è un inno femminile alla libertà.