L a vittoria di Mahmood resterà per sempre nella storia di Sanremo tra le più controverse. Il motivo? Ce ne sono più d'uno, in realtà. Mahmood ha costruito la sua carriera esattamente come tanti, forse sarebbe meglio dire tutti quelli che hanno voglia di intraprendere questa professione e fanno di tutto per farcela. E alla fine ce la fanno. Ha provato la strada dei reality, ma una volta dentro XFactor, tra gli Under Uomini della squadra di Simona Ventura, il pubblico ha deciso di mandarlo a casa alla terza puntata. Poi ha provato una prima volta con Sanremo Giovani, e anche lì non è andata bene e la sua partecipazione fu sottovalutata.
XFactor
Allora Mahmood, che si chiama Alessandro Mahmoud in realtà, decide di fare un passo indietro e di scrivere per altri, scelta fortunata perché in quella veste comincia a collezionare una serie di hit e di amicizie nel mondo della musica, da Gue Pequeno a Fabri Fibra fino a Marco Mengoni, che lo evidenziano finalmente come un personaggio interessante, in gamba, sulla quale contare.
Fin quando non torna a Sanremo Giovani, e di lì in poi quello che è successo è ormai noto: la vittoria (con premio della critica), e poi due mesi dopo Sanremo, tra i big, con un pezzo ponderato insieme a Durdust e Charlie Charles, due giganti del sound del momento, e la vittoria finale a sorpresa, contro i più amati dal pubblico un po' avanti con l’età (Il Volo) e il più amato dal pubblico dei più piccoli (Ultimo), e in mezzo lui, emozionato, che quasi non ci crede.
Sanremo
E poi il tweet di Salvini, le accuse di non essere abbastanza italiano per vincere Sanremo, di rappresentare solo un guanto di sfida radical chic della sala stampa dell’Ariston e della giuria d’onore allo stesso Salvini, che con i loro voti lo hanno portato alla vittoria, mandando invece su tutte le furie la medaglia d’argento Ultimo.
Tutte storie, insomma, già sentite e risentite, tempeste che hanno bagnato tutti tranne lui, sempre rimasto impassibile, asciutto, non facendosi mai prendere la mano, senza alzare mai la voce gridando che lui è nato e cresciuto a Milano, che ha ricevuto tutti i sacramenti cristiani e a parte un paio di viaggi a El Cairo da bambino col padre che non vede più, e al quale è dedicata la canzone “Soldi”, che niente ha a che vedere con il simbolo machista tipico della trap italiana, lui non ha niente di “straniero”.
Gratosoglio
Lo dice, si, ma sempre a bassa voce, come quella di chi è sicuro di quello che è, con la sensazione di avere sempre i piedi ben saldi alle sue radici: quartiere Gratosoglio, estrema periferia Sud di Milano. “Nella vita, la chiamo Gratosolliwood. Non è una periferia brutta come l’ho vista in certi servizi tv. Bisogna vederla in una bella giornata di sole. Ci sono cresciuto senza paura, ho più paura in piazza Duomo”, dice al Corriere della Sera, e ancora “non mi sento svantaggiato per essere nato lì, le periferie sono posti dove tanti giovani crescono bene, tanti che fanno bella musica vengono da posti così”.
Nel quartiere chiaramente è diventato la star, segno di come Sanremo viene snobbato da tutti, ma poi fa ancora numeri da capogiro e andarci, non parliamone vincerlo, serve ancora a ritagliarsi uno spazietto per sempre nel mondo della canzone italiana. “Sono e resto la persona semplice e normale di prima. Ma ho capito che qui sono diventato l'eroe per chi vede in me il simbolo del possibile riscatto sociale: anche abitando in un posto come questo si può avere successo, non si è condannati a una vita triste”, dice a Repubblica.
La scuola di via Feraboli
Un affetto “che c'era anche prima, Sanremo l'ha solo amplificato, benché a livelli impensabili”; c’era anche prima, anche da piccolo, quando ogni giorno da casa andava a scuola percorrendo via Feraboli per andare alla Feraboli, dove faceva le scuole elementari “con bimbi russi, bulgari, rom. Il più figo della classe era cinese, quello un pò bullizzato era italiano, messo in mezzo perché cicciottello, non per altro”, un posto, Gratosoglio, dove le differenze non le ha mai percepite, prima di adesso, forse prima che quel tweet di Salvini scatenasse la ferocia dei social, anche quando con Salvini è bastato un sms per chiarirsi, come rivela al Fatto Quotidiano.
Salvini e Ultimo
“Ciao, qui Matteo Salvini. Al di là dei gusti musicali (io preferisco altro), goditi il tuo successo!”, e lui, come al solito, è rimasto tranquillo e impassibile, senza la voglia di rivalsa anche quando, con riflettori e microfoni addosso, avrebbe potuto scatenare una bagarre mediatica; invece lui ringrazia affettuosamente “Ero sicuro che non ci fosse nulla di personale in quel che ha detto”. Stessa cosa per quanto riguarda Ultimo, che ha sbottato maldestramente in sala stampa subito dopo la chiusura del sipario del festival, anche per lui solo parole di assoluzione “Non credo sia rosicamento. Durante la settimana di Sanremo hai troppa ansia, il clima è tremendo e straboccare dal vaso è un attimo. A lui è successo, magari pensava davvero quel che ha detto e magari invece non lo ridirebbe. Lo sa solo lui”.
Soldi e il padre
Allora il discorso può tornare sulla musica, prima di tutto su “Soldi”, la canzone dedicata al padre, “È nata dalla frase in arabo waladi habibi ta’aleena, “figlio mio, amore, vieni qua”. Era con quelle parole che papà mi chiamava per tornare a casa quando, bambino, giocavo nel parchetto di Gratosoglio”; padre che poi li ha abbandonati quando lui aveva appena 6 anni, e anche in quel caso nessun pianto, nessun rancore “Sono rimasto uguale. Mia madre si preoccupava perché le chiedevo “mamma mi porti al parco?” e non “dov’è papà?”. Ero così piccolo... I momenti di rabbia sono venuti dopo e li ho superati. Però, ho scritto Soldi perché avevo bisogno di fissare i ricordi di qualcosa che poteva andare meglio”.
O poteva andare peggio, d’altra parte crescere con la madre e i suoi dischi di Battisti, Dalla e De Gregori, come si è visto non gli ha fatto poi così male “Devo tutto a mamma. All’inizio, mi accompagnava lei dal maestro di musica, partendo da Buccinasco, dove lavorava, e portandomi a Baggio. Ogni giorno, un viaggio. Mi ha fatto da madre e da padre. Non posso dire che papà mi sia mancato, perché lei mi ha dato tutto. Mi ha sostenuto. Mi diceva: ti pago i corsi di musica solo se vai bene a scuola”, una passione quella della musica, presente da sempre.
Il lavoro al bar
“Il mio primo ricordo sono io che suono la trombetta Chicco davanti alla tv. A otto anni, già prendevo lezioni di solfeggio”, e che proseguirà anche dopo il liceo, quando in un momento di ribellione decide di non continuare ma mettersi a lavorare in un bar del centro per potersi pagare lo studio del pianoforte. “Due anni a un bar di piazza San Babila, sempre il turno di apertura, e all'alba il tram non passa. Facevo cappuccini. Non sapevo montare il latte, ma col tempo ho imparato: a qualunque cosa faccia mi dedico anima e corpo. E i testi di tante canzoni li ho buttati giù sul taccuino delle comande, non ho mai smesso di desiderare di fare il musicista. Crederci sempre arrendersi mai, è il mio motto”.
Le classifiche
Una passione che finalmente ha dato i suoi frutti, che vanno ben oltre la vittoria del Festival che per un ragazzo classe ’92 può rappresentare solo un trampolino di lancio, come lo fu per molti altri grandi della musica leggera italiana, ma più che altro al momento sono impressionanti i numeri sulle varie piattaforme streaming, quelle dove al momento orbita il mercato discografico mondiale, Global forse sarebbe la parola più corretta, come la classifica Spotify dove è riuscito ad imporsi arrivando al 40esimo posto, in mezzo a star dello showbiz musicale come Ariana Grande e Lady Gaga, battendo il record di ascolti in 24 ore, più di un milione e mezzo di click, costringendo la Universal ad anticipare l’uscita dell’album “Gioventù Bruciata” previsto a marzo, al 22 febbraio.
La presunta omosessualità
Niente male per un giovane vincitore di Festival, anche se di padre egiziano e presunto omossessuale. Già, perché il popolo dei social ha decretato anche la sua omosessualità, anche se lui non solo non ha mai fatto coming out che “l’idea stessa del coming out è un passo indietro”, dice, ma non ci pensa nemmeno a rivelare al proposito alcunché. “La mia è una generazione che non rileva differenze se hai la pelle di un certo colore o se ami qualcuno di un sesso o di un altro. Io sono fidanzato, ma troverei poco educata la domanda se ho una fidanzata o un fidanzato. Specificare significa già creare una distinzione”.
Ora chiaramente c’è da pensare al futuro al quale chiede “solo una cosa: mantenere la stessa voglia di vivere ed energia di adesso”, magari anche di lasciare casa di mammà. “Mi comprerò un monolocale. Forse a Gratosoglio, forse altrove, ma voglio far sentire a mamma che ora ce la faccio da solo”.