P er un Tommaso Paradiso che lascia la band c’è un John Frusciante che la ritrova, e lo scenario è sempre quello: Instagram, ormai la migliore e più affidabile fonte di notizie, lo strillone del secolo, un non luogo dove se niente accade tutto si sancisce.
È successo così, una domenica sera qualsiasi, che guardando stories sulla piattaforma, tra un piatto di pasta e un albero di Natale fieramente mostrato, ecco che inciampi in un annuncio proveniente dal profilo dei Red Hot Chili Peppers, anche piuttosto scialbo, decisamente poco pomposo, che dice che John Frusciante è tornato a casa, chitarra in mano, accanto ad Anthony Kiedis, Flea e Chad Smith.
La storia ci dice che Frusciante è stato chitarrista a fasi alterne dei RDHP, esattamente tra il 1988 e il 1992 e poi ancora dal 1998 al 2009, dieci anni dopo batte nuovamente il cinque per rientrare sul ring a Josh Klinghoffer; bravino con un pezzo di legno e sei corde tra le mani, non memorabile, ma bravino. Un andirivieni da una delle band più famose del mondo dovuto a diversi fattori: la droga prima di tutto, inutile girarci intorno, con il quale Frusciante ha avuto diversi problemi, perché nonostante la sua anima punk è difficile pensare che davvero sia stato il successo esploso con “Mother's Milk” e celebrato in “Blood Sugar Sex Magik” ad obbligarlo a un passo indietro.
Pare che quel 7 maggio del 1992, durante il tour di Blood Sugar Sex Magik in Giappone, abbia chiesto alla band di giustificare così il suo primo clamoroso abbandono: “dite a tutti che sono impazzito…”. Clamoroso sì, perché un altro problema, tangibile almeno quanto quello con la droga, sono i continui litigi con Kiedis, dovuti al fatto che quando Frusciante sta sul palco il frontman stesso è costretto a cantare all’interno del recinto di ombra disegnata a terra dal chitarrista.
Un problema comune a molte band, come quello di essere costretti a scendere a patti con uno stile un po' più mainstream, decisamente nel caso dei Red Hot Chili Peppers, e anche se da questo lato della barricata il ragionamento può suonare vagamente sconclusionato, la verità è che evidentemente, nonostante soldi e fama, suonare una musica che non ti appassiona sinceramente, tarpare le ali della sperimentazione, dev’essere insopportabilmente frustrante.
Tant’è che Frusciante si prende una pausa e, vuoi o non vuoi, la cosa si fa sentire. Infatti “One Hot Minute”, dove il sound delle chitarre è affidato a Dave Navarro, è un disco calante sotto molti punti di vista, un disco che tradisce immediatamente un’assenza, un vuoto creativo, recuperato totalmente in “Californication”, cinque anni più tardi, quando Frusciante dopo una complessa disintossicazione viene riconvocato in studio e Navarro restituito al suo grave problema con la cocaina. “Californication” contiene, title track a parte, “Parallel Universe”, “Scar Tissue”, “Otherside”, “Porcelain” e “Road Trippin’”, insomma alcuni dei più importanti classici della band, brani che hanno innalzato i RHCP ad uno rock status che possiamo definire senza timori di smentite, divino.
Frusciante gira e la band gira appresso a lui, così anche “By The Way”, nonostante bisogna dire che nasca e viva sulla scia di “Californication”, va forte, diventando il loro terzo album più venduto; e va forte anche “Stadium Arcadium”, grazie al quale i Red Hot si portano a casa cinque Grammy, tra i quali miglior album e band dell’anno.
A questo ritmo si va avanti fino al 2009 quando John Frusciante ricomincia a scalpitare, si sente incarcerato in una gabbia dorata, vuole tornare ai suoi progetti da solista, così si defila nuovamente dalla band, stavolta in maniera meno plateale e più composta. Al momento sono dodici gli album registrati da solista e i numeri, dati Spotify alla mano, sono abbastanza sconfortanti, nemmeno paragonabili, sempre guardando ai numeri, con quelli realizzati dai RHCP.
Le qualità di Frusciante in quanto chitarrista non sono messe nemmeno in discussione: secondo BBC trattasi del miglior chitarrista degli ultimi 30 anni, secondo Rolling Stones tra i cento chitarristi migliori della storia e il 14 aprile 2012 è stato introdotto nella Rock and Roll Hall of Fame. Uno di quei personaggi che hanno fatto e continuano a fare la storia del rock, anzi la liturgia e drammaturgia del rock, il mito, quello che ha spinto anche il nostro Enrico Brizzi a utilizzarlo come metafora nel titolo del cult che ha lanciato la sua carriera, “Jack Frusciante è uscito dal gruppo”; grazie a Dio chiaramente, a maggior ragione adesso che il pubblico dei Red Hot Chili Peppers è già in ansia per il concerto del prossimo 13 giugno all’Ippodromo di Visarno durante il Firenze Rock. Bentornato John.