L a Targa Tenco come miglior opera prima assegnata a Fulminacci per il suo album d’esordio “La vita veramente”, non è solo un’assegnazione corretta, ma per i più attenti osservatori, vale qualcosa in più. Fulminacci ha fatto un ottimo disco, ma soprattutto potrebbe rappresentare la soluzione ad un enigma che tormenta chiunque faccia, si occupi o semplicemente ascolti questa nuova generazione di cantautori indipendenti, i cosiddetti “Indie”, per intenderci, i protagonisti di questa rivoluzione della discografia italiana senza precedenti: cosa vogliamo da loro?
La risposta non risulta molto complessa: questo movimento indie è l’unica strada percorribile per scovare quegli artisti che possano dar continuità a quella tradizione italiana di cantautorato impegnato. C’è chi può e chi non può, ovviamente, questione di talento. Ecco, Fulminacci può. Nessun dubbio al riguardo. Perché scrivere brani come “Borghese in borghese”, alla sua età, denota un talento destinato a qualcosa in più dei vuoti numeri di una classifica, non è musica buttata lì giusto per tentare di stare al passo coi trapper, si tratta di cantautorato serio, di un progetto che lotta su fronti decisamente più intellettuali, come appunto, il Premio Tenco.
“Quando mi è arrivato il messaggio stavo parlando con mio padre, - ci racconta nel backstage dell’Indiegeno Fest di Patti, subito dopo aver suonato di fronte a circa duemila persone - sul momento continuo a parlare normalmente, poi mi sposto e non ricordo se ho urlato, pianto o sono stato fermo a guardare il vuoto. A pranzo poi ho comunicato la notizia ed è stata una cosa da lacrime. È il riconoscimento più alto che potessi ricevere, non poteva succedere qualcosa di più. Una cosa folle”.
Sa che è un premio che segna una strada ben precisa…?
“È una responsabilità, io sono contento di aver ricevuto questo riconoscimento con genuinità, scrivendo delle canzoni che volevo scrivere, che non sono state modificate, non sono passato da nessun tipo di censura, quindi la cosa figa è che sono io e di questo sono molto contento. E spero di continuare ad essere sempre totalmente io quando scrivo una canzone, che è una cosa che non è scontata”.
Il primo concerto della sua vita è stato il 16 aprile, fino a pochi mesi fa dunque la sua musica era a portata di orecchio solo di familiari e amici, poi in un tempo velocissimo Targa Tenco, tanti concerti ed una promozione unanime da parte di pubblico e critica…
“Questa è la caratteristica dell’epoca nella quale ci troviamo, avere vent’anni in quest’epoca vuol dire che se hai delle canzoni che piacciono è più facile di un tempo riuscire a trovarsi a cantarle davanti a tantissime persone”
Una fase della carriera nella quale puoi testimoniare un passaggio fondamentale: tutto ciò che viene scritto nel proprio intimo improvvisamente finisce nella bocca di tante persone, diventando per così tante persone così importante.
“Questa è la sensazione più forte. Quando tu scrivi una canzone in camera tua, potrebbe anche non succedere niente, potrebbe non esistere mai, potrebbe non piacere a te, non piacere a nessuno e non entrare mai in un disco. Tutte le canzoni di questo disco, per esempio, sono state scritte senza sapere che sarei finito a fare questo mestiere, sono state scritte e basta. Quando le altre persone le cantano è assurdo, perché improvvisamente diventano anche molto più importanti per te che le hai scritte. Quando mi chiedono “di che parla questa canzone?” sarebbe meglio rispondere “dimmelo tu”, perché ognuno da potere ad ogni parola diversamente. Quindi in realtà il fatto che una canzone venga cantata da un pubblico da vita a quella canzone, le da il benvenuto al mondo”.
Fulminacci è stato paragonato al primissimo Daniele Silvestri, non solo perché romano ma anche per una visione del mondo attraverso la sua musica che non può fare altro che ricordarlo. Anche il destino, tra l’altro, si diverte sottolineandone l’affinità, Fulminacci infatti ha vinto la Targa Tenco come miglior opera prima lo stesso anno in cui Silvestri l’ha vinta con il miglior brano, e anche a Indiegeno i loro destini si incontrano dato che tra qualche giorno il cantautore romano si esibirà all’alba al Teatro Antico di Tindari.
“Per me, inutile dirlo, un idolo assoluto, un maestro di metrica e non solo. Una persona che ha sempre detto quello che voleva in maniera condivisibile, precisa, puntuale. Mi ha sempre dato una soddisfazione immensa ascoltare i suoi pezzi e imparare da lui, quindi questo paragone mi imbarazza molto devo dire, perché per me è un vero mito”.
Ora c’è da pensare al futuro, scegliere che genere di cantautore vuoi essere, se magari vuoi aggiustare il tiro rispetto ad un primo album molto bello anche perché evidentemente molto istintivo e personale…
“Io scrivo sempre, quando posso scrivo. Ho tanto materiale ma secondo me un secondo album ancora non è pronto e vorrei che fosse onesto. Mi piacerebbe tenermi sempre libero dal punto di vista del genere, perché mi sono accorto che non riesco ad incasellarmi. Ho ancora tantissima voglia di capire come si suonano generi diversi, vorrei suonarli tutti, vorrei sperimentare ancora, credo che sia la cosa più divertente”.