B en ritrovati dentro il vostro Manuale per genitori indi(e)pendenti, l’unica rubrica nata con lo scopo di riunire le famiglie all’insegna della musica, l’unica rubrica musical/terapeudica se vogliamo. E vogliamo. Ne abbiamo affrontati di artisti in queste settimane e praticamente la metà, abbiamo fatto il conto, erano rapper.
Musica innovativa e musica nostalgica
Questo perché è il rap la musica maggiormente ascoltata dai vostri figli, non possiamo farci niente. I nostri di genitori dovevano tentare di capire gli anni ‘80/’90, decisamente più cafoni, decisamente più noiosi, e anche molto meno innovativi. La nostra musica non era altro che la controfigura di quella prima, la cugina scema di quella degli anni ‘60/’70, di stelle ne son passate, per amor di Dio, ma di quante conserviamo un ottimo ricordo perché davvero luminose? O forse le conserviamo con tale protezione solo perché nostre?
Rifletteteci, ma non perdete troppo tempo perché nel frattempo la musica va veloce, vi ha già doppiati, e in men che non si dica un genere, il rap, che quando noi eravamo più piccoli si affacciava timido alla nostra società che guardava ancora di traverso chi vestiva con pantaloni larghi, esponeva tatuaggi e canticchiava in rima. Tornate bene con il pensiero a quegli anni e a l’immagine, semplicemente l’immagine, di tutti quelli che hanno sfondato nella musica ai tempi. Laura Pausini, Eros Ramazzotti, Riccardo Cocciante, Raf…intendiamo quella generazione lì. Tutte educande.
Una questione di immagine
Musicisti che continuano in molti casi (ma attenzione, non in tutti) a poter fare scuola e doposcuola agli attuali scalatori di classifiche, e il fatto che avessero una faccia più pulita non vuol dire nulla rispetto al loro essere in certi casi l’immagine stessa della cafonaggine; però tant’è, forse anche per una questione di etichetta il rap ha faticato più che in altri paesi ad imporsi e sinceramente nessuno poteva pronosticare si arrivasse a certe cifre, e invece eccoci qui, a raccontarvi una settimana si e una no di un giovane rapper diverso, quello di questa settimana però, ha qualcosa di vagamente diverso rispetto agli altri. Ora proviamo a spiegarvi perché, dunque, ci piace Frah Quintale.
Il rap ha caratteristiche sociali piuttosto strane, dovrebbe essere il genere più libero e invece è quello che più di tutti fa fatica a stiracchiarsi su molti argomenti; dovrebbe essere il genere più giovane, quindi anche più aperto alle novità, invece resta il più chiuso, il più elitario, l’unico che vede i suoi protagonisti insultarsi a vicenda (tramite i social per esempio, parliamo dei cosiddetti “dissing”).
Frah Quintale parte da lì eh, dal rap duro e puro, col duo “Fratelli Quintale” che poi diventerà solo uno e passerà ad essere Frah, appunto. Parte da quel rap che parla di chi ce l’ha più grosso dell’altro, di chi c’ha più donne, di chi ha fatto i soldi, di chi si spacca di canne. Tutto molto divertente per non più di una decina di minuti, poi stufa, mette la testa sott’acqua e diventa dal punto di vista sonoro inconfondibile da tutto il resto, interessante ai minimi livelli.
Anche lui, che in realtà si chiama Francesco Servidei e viene da Brescia, si stufa presto, forse perché pieno di tante cose in più da dire. Una storia che ricorda vagamente quella di Neffa, di uno che si è divertito molto a fare il rap ma poi è finito con scrivere “Passione” una delle più belle e intense canzoni in lingua italiana. Lo dice anche a Rolling Stones Francesco: “Ho messo tutta la mia conoscenza del rap nello scrivere canzoni. Anche perché non mi identificavo più nello stilema hip hop dove si parla solo di canne, spaccio, soldi, dove ci si deve vestire in un certo modo, davanti a un pubblico che è quasi solo di ragazzini”.
E allora ecco che arriva il successo quando pubblica Regardez Moi, 10 pezzi, la metà dei quali non arriva a 3 minuti, nessuno a 4, divertenti e piacevoli, che ci restituiscono un’immagine decisamente più sana e realistica della generazione dei nostri figli. Si perché il fenomeno che vede in classifica molto spesso pezzi che parlano sempre della solita vita da gangster alla matriciana, con una pistola o una canna in una mano e una mozzarella e le lacrime di mammà nell’altra, non riusciamo proprio a capire quale fascino possa suscitare in giovanissimi che con droga e prostitute non hanno niente a che fare.
Eravamo noi stupidi a passare le nostre giornate con la testa affondata nel cuscino a soffrire per la ragazzina dagli occhi blu della terza C? Beh, il successo di Frah Quintale dimostra che esistono ancora ragazzi trascinati dall’esondazione del rap, e non è poi cosa così assurda, ma che gradiscono ancora sentir parlare della loro vita e non di una specie di realtà psichedelica che, speriamo, non conosceranno mai. Non perché droga e prostituzione non esistano, intendiamoci, ma perché ancora sono mondi extraterrestri che se interessano così tanto un bambino di 10/13 anni, fatevi due domande voi in quanto genitori, non potete certo prendervela con Sfera Ebbasta.
Frah Quintale comunque, che non vorremmo certo far passare per un chierichetto, racconta una realtà semplicemente più tangibile (e non per questo meno dolorosa, superficiale, leggera o pericolosa). In pratica tutte le canzone del disco superano i 3 milioni di ascolti, è stato uno degli artisti più attesi dal pubblico del Concertone del Primo Maggio di Roma e la piazza è decisamente esplosa quando ha attaccato con “Cratere”, una bomba da 1,8 milioni di visualizzazioni su YouTube.
Ora fuori dalla sua porta ha una fila di colleghi che vorrebbero collaborare con lui, e non facciamo fatica a crederci, quando è uscita “Missili” pezzo che divide con Giorgio Poi, è uscito fuori un pezzo estremamente interessante. Questo perché il rap/non rap di Quintale è una sposa perfetta per questa nuova generazione di cantautori itpop. E questo si, siamo sicuri, è anche dovuto al fatto che al netto di chi vuole convincerci che la propria vita sia ambientata in un film di Spike Lee, ci sono artisti (artisti davvero) che vogliono disegnare la realtà che viviamo tutti i giorni, sia i nostri ragazzi che chi li ha messi al mondo, che fortunatamente, perlomeno quella italiana, anche se presa male da mille problemi, non si adatta a sceneggiature per gangster.
Questo essenziale manuale è rivolto a quei genitori che non vogliono restare indietro, che vogliono capirci di più del mondo dei loro figli attraverso ciò che, come accade per tutte le generazioni, li crescerà e formerà più di quanto loro, mammà e papà, ne avranno mai capacità e potenzialità. La musica. La loro musica. Prima di partire allacciate bene le cinture, mettete da parte i vostri dischi dei Beatles, Adrianone Celentano, Mina e Battisti, la tv in bianco e nero, Berlinguer, e ogni vostro singolo pregiudizio su quanto tutto ciò che avete vissuto e ascoltato voi fosse infinitamente più “giusto” del loro e, già che ci siete, eliminate per sempre anche l’utilizzo del termine “giusto”, che non credo abbia mai significato alcunché a parte tirare una linea rispetto a ciò che è “sbagliato”. Antitesi che potrebbe contribuire non poco a formare una generazione di iscritti a Casa Pound.