D oveva infiammare l'estate romana, ma una pioggia di critiche ha spento il fuoco del Nerone in versione rock prodotto da Nero Divine Ventures. Scarsa organizzazione, musiche senza carattere, luci terribili: nei primi giorni di messa in scena il musical “Divo Nerone – Opera Rock” è stato letteralmente stroncato dalla stampa. E l’opera tutta made in Italy, la cui realizzazione aveva attirato altre polemiche per la scelta della location – il Colle Palatino, nel complesso dei Fori romani – stenta a decollare, con una partecipazione di qualche centinaio di persone a sera, contro i 3000 posti a sedere da riempire. Un flop? “Assolutamente no. Il modello di business che abbiamo scelto punta si basa su un ciclo di vita di 20-30 anni e la fase di avvio a rilento non è certo un problema”, spiega all’Agi Cristian Casella produttore del musical insieme a Jacopo Capanna.
Per "Divo Nerone" la partenza non è stata, come si dice, ‘col botto’
"E’ vero, ma il pubblico sta crescendo di giorno in giorno. Venerdì sera sono venute più di 480 persone. In tutto, compresa la serata dell’anteprima e le vendite per sabato sera, oltre 5000 persone hanno visto Divo Nerone. Ma soprattutto registriamo una crescita costante e questo significa che siamo sulla strada giusta. Soprattutto per la parte italiana, i numeri sono meglio di quelli che avevamo messo in conto".
Il vostro è un progetto ambizioso: riempire una tribuna da tremila posti 6 giorni su 7, per 260 rappresentazioni (80 quelle estive fino al 10 settembre le altre in inverno in diversi teatri romani al chiuso). Non temete che il progetto non decolli?
"Avevamo messo in conto la scarsa presenza delle prime giornate. E’ un progetto di ampio respiro che punta a restare in scena per 20-30 anni, basato su un modello di business per il quale le prime serate non sono decisive".
Quale modello?
"Investimento con capitale di rischio. Sin da subito io e Capanna abbiamo pensato a un progetto che non dovesse essere condizionato né da sponsor né dagli incassi del botteghino. Abbiamo iniziato a lavorarci due anni fa, investendo circa un milione di euro nella fase di start up, cui poi si è sommato un incremento di quote. A quel punto, come si fa in tutti i Paesi evoluti dal punto di vista finanziario, abbiamo chiesto a molti investitori finanziari se erano interessati ad aderire all’iniziativa. Questo perché la solidità di questo progetto per noi si fonda sulla solidità patrimoniale e sull’equity. Non abbiamo chiesto finanziamenti alle banche né contributi agli sponsor, si tratta di un modello completamente diverso che ben si sposa con la natura dei musical. Perché quando si lavora con il capitale di rischio, bisogna avere un business plan che abbia una previsione di durata a lungo termine. E tra tutti i prodotti culturali, nel mondo dello spettacolo, il musical è quello che ha il più lungo ciclo di vita, 20 30 anni, quindi è il prodotto che più si presta a investimenti con capitale di rischio sia per investitori che per produttori".
I risultati di queste serate, dunque, non mettono a rischio il progetto
"La solidità dell’iniziativa è stata sviluppata nel modello di business e non si basa sui risultati di questi giorni in cui ancora ci stiamo facendo conoscere e apprezzare dal pubblico. Qualsiasi attività, piccola o grande che sia, non si ripaga l’investimento iniziale con la prima settimana".
C’è chi, dati alla mano, parla di una chiusura entro fine giugno
"O mamma mia, non commento. Tutte le cose che nascono hanno bisogno di un periodo di avviamento. Ma anche noi abbiamo bisogno di una fase di rodaggio. Basti sapere che abbiamo previsto delle riprese, ma le facciamo a fine agosto perché la macchina ha bisogno di essere oleata".
Quando avete previsto di andare a break even?
"Tra tre anni, considerando una fase di lancio più debole. In realtà gli investimenti sono stati programmati in tre fasi: quella della messa in scena, che riguarda gli spettacoli del Palatino; quella invernale, che prevede la messa in scena nei teatri; e quella internazionale quando, a partire dal 2018, partirà uno spin-off per portare Nerone in tourneé all’estero".
Che peso ha la Regione Lazio?
"La Regione Lazio non c’entra nulla. O meglio, io non conosco nessuno con cariche istituzionali e politiche che ne faccia parte. Semplicemente, tra gli investitori cui abbiamo presentato il progetto, c’era anche Lazio Innova Spa, partecipata dalla Regione Lazio e dalla Camere di Commercio. Ma è esattamente come gli altri: opera alle condizioni di mercato. Per analizzare il nostro business plan sono stati impiegati 6 mesi è stato vagliato tutto il potenziale del nostro investimento a livello legale, societario, finanziario, economico. Chi ha investito ha detto “Ok, mi interessa investire per avere il 15% della vostra società e voi ci garantite delle condizioni in base alle quali avremo dei ritorni”. Quindi hanno investito in cambio di garanzie che, in base agli accordi, prevedono per noi l’obbligo di riacquistare da Lazio Innova Spa tra tre anni le quote a un valore nettamente superiore. E’ una formula per la quale loro rischiano con noi sull’iniziative ma a condizioni molto avvantaggiate rispetto a me e a Capanna. E qualora si arrivasse a percepire degli utili, questi verrebbero incassati da loro non da noi produttori".
Perché Lazio Innova Spa?
"Avevamo anche altri due fondi interessati, uno dei quali straniero. Lo abbiamo scartato proprio per questo: volevamo un progetto made in Italy in tutto e per tutto, non solo nei contenuti".
Quali sono i punti forti del progetto?
"Il prodotto nasce come musical residente a Roma prevalentemente per gli stranieri, quindi le due linee del nostro business plan sono: turismo internazionale a Roma, che interessa circa 20 milioni di persone l’anno, e prodotto culturale italiano, molto apprezzato".
Il musical ha attirato una pioggia di critiche, sotto diversi aspetti
"L’organizzazione ci tiene a scusarsi formalmente per tutti i disagi relativi alla prima serata. Mi scuso anche io in prima persona, daremo a chi c'era la possibilità di essere nostri ospiti in un altro momento. Quanto al resto, credo che al di là dei giudizi, che possono essere positivi o negativi, ci sia stata anche una posizione di pregiudizio nei confronti del prodotto, non contro persone. Sulle pagine di due dei principali quotidiani italiani è partita una vera e propria campagna di demolizione dallo scorso 22 aprile. Critiche sproporzionate rispetto al progetto, bello o brutto che sia".
I biglietti costano da 48 a 180 euro. Non sono un po' cari?
"Non per il pubblico di stranieri che visitano Roma. Abbiamo comunque allo studio delle convenzioni che ci dovrebbero consentire di abbassare i prezzi".
E’ vero che alcuni ballerini sono andati via perché non sono stati pagati?
"Solo un ballerino è andato via, ma perché ha avuto un’altra opportunità di lavoro".
Cosa risponde a chi giudica “Divo Nerone” un flop?
"Se continua a dirlo, ci fa solo pubblicità".
Leggi anche questo articolo prima del debutto.