L ’ultima idea è l’esecuzione di un twerk smaliziato e totalmente naturale durante la partita di NBA tra Los Angeles Lakers e Minnesota Timberwolves. Le telecamere che trasmettono, come di consuetudine, le immagini sui maxischermi dello stadio non potevano perderselo e lei, Melissa Viviane Jefferson, in arte Lizzo, lo sapeva, e così lo ha fatto, approfittando della colonna sonora, la sua “Juice”, la canzone che ha mandato il suo nome in orbita nelle classifiche di tutto il mondo.
Un’altra perla che si va ad aggiungere alla collana di manifestazioni pubbliche, spesso social, in favore dell’autoaccettazione del proprio corpo. Di questo in fondo parla “Juice”, e di questo parla “Good as Hell” e di questo parla “Truth Hurts” e di questo parla “Fitness” e per questo probabilmente il Time l’ha eletta personaggio dello spettacolo dell’anno. Un cerchio che si chiude considerando che fu proprio il Time nel 2013 a segnalarla come una delle 14 realtà musicali da tenere d’occhio per il futuro. E c’ha visto giusto.
Non solo perché Lizzo, classe ’88, nata a Detroit, è una bravissima musicista, che parte dal rap in giovane età per restare pian piano affascinata dalle influenze del soul, dell’R&B più contemporaneo ma, soprattutto, del funk, ma proprio perché dietro ciò che dice e che canta e anche dietro la sua figura, ci sono contenuti ben focalizzati, battaglie da combattere che non sono mai fini a se stesse, giusto per strizzare l’occhio al pubblico.
Lizzo racconta una storia ben precisa, quella di una donna afroamericana dalla taglia forte che, anche andando incontro a quella che tecnicamente viene chiamata “shit storm”, decide di intraprendere una strada che va contromano rispetto ciò che ci si aspetterebbe: mostra tutto.
Il suo profilo Instagram diventa una celebrazione semplice, pulita e poetica delle sue generose curve; ai suoi concerti sia lei che il suo gruppo di ballo, vestono con vestitini succinti che lasciano poco spazio all’immaginazione, che tutti possano godere di cotanto ben di Dio. È la sua visione del mondo, una filosofia, pane per i denti di chi si è annoiato da tempo della classica figurina pop allampanata, una scelta che le indica anche come si trattano gli haters che la attaccano un giorno si e l’altro pure.
L’ultima volta proprio qualche giorno fa, subito dopo il balletto divertente e provocatorio allo stadio dei Lakers; le danno della cicciona e lei risponde mettendoci la faccia, come sempre, in una diretta Instagram dove dice: “Niente mi fa passare davvero la gioia, le critiche non hanno alcun effetto su di me, non mi interessano, nessun controllo sulla mia vita, sulle mie emozioni. Sono una persona molto solida e radicata, so di essere sopra le righe e sono consapevole di poter sconvolgere, perché non si è mai visto un corpo come il mio fare tutto ciò che vuole, vestirsi come vuole e muoversi nel modo in cui si muove”.
Gioco, set, partita. Vince lei e, a pensarci bene, non potrebbe essere diversamente, non solo perché ci piace stare dalla parte della paladina della giustizia XXL, mentre intimamente continuiamo a sognare che nottetempo sia Tanya Mityushina ad introdursi nelle nostre stanze, ma perché Lizzo bella lo è davvero, illuminata da un talento che non si sentiva in giro, anche negli Stati Uniti, da un bel pezzo. Perché brava lo è davvero e, musicalmente parlando, sta dando una bella lucidata al pop a stelle e strisce rappresentando il più riuscito trait d’union con il rap più talebano, ormai padrone indiscusso del mercato discografico globale.
Per una 31enne nera che non risponde ai più classici canoni di bellezza e che quindi non va avanti nella sua carriera “vendendo il suo corpo” su social e copertine patinate, è tantissima roba. Lizzo non utilizza la sua battaglia per far decollare la sua musica, utilizza la sua musica per comunicare ciò che ha da dire, per ispirare chi come lei si trova tutti i giorni a doversi guardare di sbieco allo specchio, costretto ad accettarsi tutti i giorni.
A tutto ciò lei risponde in musica con entusiasmo ed ironia: “No, I'm not a snack at all” canta in “Juice”, “Look, baby, I'm the whole damn meal”; “Non sono affatto uno spuntino/ Guarda, baby, sono il maledetto pasto completo”. È questo che da continuità ad un progetto, anche ai livelli, i più alti, ai quali è arrivata lei: carattere, una storia alla quale affezionarsi e, naturalmente, qualità. Altrimenti si dura un quarto d’ora, il tempo che la tua ultima copertina finisca ad abbracciare un pesce venduto al mercato. “Non ho intenzione di censurarmi perché improvvisamente sono diventata famosa, - continua a spiegare Lizzo parlando con i suoi quasi 7 milioni di follower - non mi zittirò anche se alcune persone non mi trovano sexy. Io sono benedetta e voglio che tu sappia che anche tu sei benedetto, voglio che tu sappia che qualunque cosa tu stia passando, se non ti senti bene e a tuo agio, prima o poi passerà e ti sentirai di nuovo bene perché hai tutto ciò che serve per sentirti di nuovo bene. Tu puoi”. Questa è la sintesi del Lizzo-pensiero, così Melissa Viviane Jefferson ha stravinto la sua battaglia.