L a voce di Roma, la sua ultima grande voce. E non c'è filo di esagerazione nel definire così Lando Fiorini. Trasteverino, ultimo di otto figli, fondatore del "Puff", indimenticabile nel "Rugantino". Un lembo di storia della canzone italiana, di quella conosciuta nel mondo e dire solo della canzone è riduttivo: è stato 'cantattore', cabarettista, animatore della festa 'de Noantri' e della passione calcistica (ovviamente per la Roma, cui dedicò un inno ben prima di quelli di Antonello Venditti).
Scompare oggi a 79 anni dopo una malattia assai lunga, ma non bisognerà aspettare per vederlo consegnato alla storia della città. Lo è da tempo e tra i suoi brani - innumerevoli - molti sono da tanto sullo scaffale dei classici.
Nato il 27 gennaio del '38, attraversa il dopoguerra e le difficoltà dei genitori poverissimi, obbligati a mandarlo presso una famiglia di Modena per assicurargli il pane. La mamma lo lascia orfano a 14 anni e lui, tornando a Roma, si arrangia facendo di tutto: ripara biciclette, fa il ragazzo del barbiere, il facchino ai Mercati Generali e, intanto, canta. Canta e gioca a pallone.
Leopoldo non va bene
Partecipa a un concorso di voci nuove e arriva fra i primi tre su tremila, avendo la fortuna meritata di conoscere un giornalista che gli suggerisce di cambiarsi il nome, Leopoldo, in quello di Lando. E' più musicale, meno professorale, gli dice il giornalista, che si chiamava Francesco Saverio Procopio e fu per Lando un secondo padre, che lui un giorno avrebbe ricambiato - l'affetto a volte s'offre e si restituisce con i nomi - battezzando Francesco Saverio il proprio figlio.
Sarà poi, dopo le asprezze dell'infanzia e della prima gioventù, la sua una strada verso il successo con il "Cantagiro" e grazie a questo arriva la scrittura per il "Rugantino" di Garinei e Giovannini. Impersona il cantastorie cioè - se vogliamo - se stesso.
"Din don..."
"Il Puff", che apre nel cuore di Trastevere, diventerà uno dei più celebri e longevi cabaret italiani dove ha intrattenuto tutte le sere, fino a quando ha potuto, un pubblico di ogni tipo che gli si affidava sicuro di ricevere in dono alcuni pezzi indimenticabili, come "Roma nun fa la stupida stasera", che lo portò a una finale di "Canzonissima", oppure "Cento Campane" ("Din don..."), canzone non sua ma che lui portò alle vette facendola propria - anche se i più ne ignoreranno l'indissolubile genesi con lo sceneggiato (capolavoro) tv "Il Segno del Comando".
Fiorini passa nel '94 anche per il Festival di Sanremo con "Una Vecchia Canzone Italiana", e anche qui il pubblico lo premia col successo che lo porterà più tardi a sunteggiare in un triplo Cd il meglio della sua discografia - e siamo al 2000, e l'anno dopo, 2001 d'estate, festeggia lo scudetto della Roma e reincide il suo inno con un nuovo arrangiamento.
Nel 2003 il primo prolungato silenzio a causa della malattia, ma nel 2004 torna con un cd doppio e incassa nuove soddisfazioni in questi ultimi anni, come nel 2009 quando l'ateneo Giovanni Paolo I gli conferisce la Laurea Honoris Causa in Scienze della Comunicazione.
Sul finire del 2010, dopo un lavoro minuzioso con la collaborazione del maestro Armando Trovajoli, appronta il cd "Ti presento Roma mia", in cui duetta con undici romani: Claudio Baglioni, Amedeo Minghi, Antonello Venditti, Franco Califano, Alex Britti, Gigi Proietti, Luca Barbarossa, Loretta Goggi, Tosca, Sabrina Ferilli. Serena Autieri (napoletana, ma romana d'adozione).
Pochi mesi fa, per il libro dedicato alla carriera di Francesco Totti pubblicato da Agi e "Messaggero", Fiorini scrisse dodici righe - sulla tredicesima sforava solo la parola "Roma" - in cui pensava il calciatore "come un elettricista che accende la luce". Aveva quell'idea di calcio come poesia che chiunque l'abbia giocato da bambino, o ne cantò, per intuizione conosce. Cambiano solo la squadra, e i nomi propri.