AGI - "Con Maurizio Braucci abbiamo cominciato a scrivere 'Palazzina Laf' sette anni fa. I racconti raccolti in tutti questi anni hanno dell'incredibile e il lavoro che abbiamo dovuto fare è stato di creare una cornice di credibilità a delle storie assurde. Tutto quello che si vede nel film è successo davvero. Abbiamo voluto fare un film politico, ideologico se vogliamo e anche di parte". Michele Riondino si appassiona durante la minipress del film che segna il suo esordio alla regia, 'Palazzina Laf', in programma oggi alla Festa del cinema di Roma dove sarà proiettato in anteprima mondiale alle ore 19 in Sala Petrassi per la sezione Grand Public.
Il film, interpretato dallo stesso Michele Riondino con Elio Germano, Vanessa Scalera, Domenico Fortunato, Gianni D'Addario, Michele Sinisi, Fulvio Pepe, Marina Limosani ed Eva Cel racconta basandosi sugli atti processuali, il primo caso di mobbing in Italia. Michele Riondino è Caterino, un operaio dell'Ilva di Taranto che o i vertici aziendali decidono di utilizzare come spia per individuare i lavoratori di cui sarebbe bene liberarsi. Questi comincia a pedinare i colleghi e a partecipare agli scioperi alla ricerca di motivazioni per denunciarli.
Ben presto, non comprendendone il degrado, chiede di essere collocato anche lui alla Palazzina Laf, dove alcuni dipendenti, per punizione, sono obbligati a restarvi privati delle loro consuete mansioni. Questi lavoratori non hanno altra attività se non quella di passare il tempo ingannandolo giocando a carte, pregando o allenarsi come fossero in palestra. Caterino scopre (ma non capisce) che quello che sembra un paradiso, in realtà non è che una perversa strategia per piegare psicologicamente i lavoratori più scomodi, spingendoli alle dimissioni o al dimensionamento.
"Si può dire di tutto di questo film, frutto di sette anni di lavoro, ma non abbia usato verità oggettive, raccolte dai diretti testimoni della storia e dalle carte processuali - spiega il neoregista - tutto quello che si vede nel film fa parte di una sentenza, la prima sentenza di mobbing in Italia. Prima della Palazzina Laf, infatti, non esisteva questo tema tant'è che il reato che è stato ascritto ai Riva e ad alcuni dirigenti è quello di violenza privata", aggiunge.
"In tanti anni come attivista ho avuto la possibilità di parlare della vertenza tarantina da diversi punti di vista - continua Riondino - ho organizzato concerti, ho raccontato in interviste, libri, dibattiti e conferenze la mia verità. Ci ho messo tutto questo tempo, sette anni - aggiunge - per dire la mia verità attraverso il mio mezzo, la mia grammatica e l'ho voluto fare attraverso verità oggettive".