AGI - "Capire Roma non solo è impossibile, è inutile". Così inizia 'Roma, santa e dannata', il viaggio nella notte della Capitale di Roberto D'Agostino e Marco Giusti, in un percorso nell'inferno della Città eterna come novelli Virgilio e Dante, ripresi da Daniele Ciprì. Stasera presentato come Special Screening alla Festa del cinema di Roma, il documentario di 90' prodotto da The Apartment, società del gruppo Fremantle, e Kavac Film con Rai Cinema, arriverà' in sala per tre giorni dal 6 all'8 novembre per poi andare, successivamente, sulla Rai.
Gironzolando per le strade di Borgo Pio, navigando in barcone sul Tevere, incontrando personaggi e fantasmi, sempre indecisi se chiamare i carabinieri o gli infermieri, D'Agostino e Giusti raccontano una città più misteriosa della formula della Coca Cola. Enigma perfetto da degradare a metafora: è un binario morto, una polpetta avvelenata, un bordello del pensiero, un pascolo di mostri, un imbuto enorme di demenza collettiva.
"Roma è una città dove c'è Dio a destra e il Demonio a sinistra, dove c'è la Dolce vita e c'è il Papa. E non sono uno contro l'altro, ma uniti nella lotta. A noi romani la breccia di Porta Pia non ci ha fatto né caldo né freddo: appena arrivano a Roma, diventano tutti come noi, si romanizzano. Questa città non sarà mai conquistata da nessuno". È scatenato e logorroico come sempre Roberto D'Agostino quando presenta alla stampa il suo documentario. È stato chiamato da Marco Giusti per raccontare Roma e, da documentario sulla Città eterna, spiega lo stesso Giusti, "il film è diventato su come Dago racconta Roma. Il gioco era su di lui".
E l'ex teorico dell'edonismo reaganiano di arboriana memoria, si scatena. Nel documentario e in sala parlando del film. "Il titolo del documentario è debitore al più grande letterato di Roma, Gioacchino Belli, che scrisse: 'Roma caput mundi e chiavica del mondo' - spiega D'Agostino - era un funzionario del Vaticano e ha raccontato la storia di Roma. In questa città in tanti lo hanno fatto. Il mio Dagospia (sito web di gossip e indiscrezioni politiche più famoso d'Italia, ndr) non fa altro che quello che in altri tempi facevano i grandi scrittori latini. Tacito e gli altri facevano i pettegolezzi - aggiunge - poi i pettegolezzi diventano storia. Questa città è un paesone mai diventata metropoli".
'Roma, santa e dannata', originariamente pensata da Marco Giusti per essere una serie tv diretta da Paolo Sorrentino ("L'altra faccia della vestaglia della 'Grande bellezza', il suo film finisce sul fiume e il nostro inizia sul fiume", scherza D'Agostino), girato in 10 giorni e diretto da Daniele Cipri', vede D'Agostino e Giusti chiacchierare con personaggi romani e non che hanno vissuto (e a volte sono stati anche protagonisti) di una stagione esagerata, quella degli anni '80 e '90.
Raccontano quel periodo, quella notte romana fatta di eccessi, promiscuità, ricerca sfrenata del piacere, confusione e follia protagonisti di quelle notti, da Vladimir Luxuria (protagonista della stagione 1993 di Muccassassina, serate Lgbt+ piu' conosciute in Italia organizzate in locali di Roma, tra cui l'ex cinema Castello vicino e di proprietà del Vaticano) agli attori Vera Gemma e Massimo Ceccherini al decano dei buttafuori Carmelo Di Ianni. Ma ci sono anche interventi di chi ha osservato - ed è stato coinvolto in situazioni spesso divertenti - come Carlo Verdone (portato da un amico alla folle 'Woodstok italiana dei poeti' a fine giugno 1979, sulla spiaggia libera di Castel Porziano, nei pressi di Roma), Enrico Vanzina, Sandra Milo, Giorgio Assumma.
Il documentario racconta la Roma di quelli anni, ma è anche un omaggio e una dichiarazione d'amore alla città da parte di suoi figli (o figli acquisiti) che hanno una sorta di filosofia "un po' taoista per cui non bisogna viaggiare perché il saggio non viaggia. A noi - spiega D'Agostino - ci basta un sampietrino per dire che è meglio quello di tutto il resto del mondo. Quindi, perché viaggiare?". Quindi cita Chateaubriand che diceva che "Roma è bella per disprezzare tutto, dimenticare tutto e morire".
"Fellini, che era un burino, provò a fare un film su Roma - aggiunge - e disse che era un cimitero brulicante di vita". Poi aggiunge: "Perché secondo voi questa città ha avuto un'attrazione da parte di personaggi come Tennessee Williams, Orson Welles o Gore Vidal abituati a vivere nelle grandi metropoli? Perché sono venuti a vivere a Roma? Perché qui c'era una leggerezza, una dolcezza che non c'era da nessun'altra parte. Li ha conquistati la grande capacita' Roma di accogliere".
Parlando poi del documentario, D'Agostino aggiunge: "Il nostro è un film molto religioso. A Roma si sopravvive in maniera anti-ideologica. Sono certo che quando Gianni Vattimo scrisse del pensiero debole pensava a Roma. Qui per sopravvivere serve quella debolezza, significa che devi affrontare la vita come un surfista: arriva l'onda e se ci vai contro affoghi. Devi cavalcare l'onda perché il nostro scopo è di arrivare a riva"
"L'ideologia dura in questa città non esiste. Siamo tutti flessibili, deboli, e la debolezza ci permette di arrivare a riva. Come nei apporti matrimoniali o di amicizia se sei negativo non risolvi nulla. La debolezza ti porta ad andare avanti. Il pensiero debole - spiega ancora - è l'antidoto contro chi pensa che la vita sia una guerra continua. Abbiamo tanti problemi, dobbiamo anche combattere? La compassione per gli altri - conclude - è la soluzione. Avere una corazza, una sovrastruttura, non ci permette di vivere a Roma. Qui siamo tutti mescolati".