AGI - "Questo film evoca la memoria della mancanza, ciò che ci manca. A tutti manca qualcosa. Qualcosa di materiale ai tombaroli, ma c'è a chi manca un amore, a chi una figlia. Questa mancanza ci accomuna più di quanto si possa pensare. Era un soggetto spigoloso e ho cercato di raccontarlo con leggerezza".
Alice Rohrwacher parla così alla Festa del cinema di Roma del suo ultimo film, 'La Chimera', che sarà proiettato nella sezione Best Of 2023. Dopo la buona accoglienza al Festival di Cannes a maggio e la selezione nei Festival di Toronto, New York e Telluride dove ha ricevuto il prestigioso Silver Medallion Award, premio assegnato ogni anno ad artisti che hanno dato un contributo decisivo al mondo del Cinema, la regista italiana presenta per la prima volta in Italia il suo film che arriverà in sala il 23 novembre con 01 Distribution.
Ambientato negli anni '80, nel mondo clandestino dei 'tombaroli', 'La Chimera' racconta di un giovane archeologo inglese (Josh O'Connor) coinvolto nel traffico clandestino di reperti archeologici. Completano il cast Isabella Rossellini, Carol Duarte, Alba Rohrwacher e Vincenzo Nemolato. "Nel passato io cerco una radice comune, qualcosa di cui tutti possiamo avere memoria anche se non l'abbiamo vissuta e che quindi ci possa riconciliare gli uni con gli altri - spiega la regista - parlerei di una memoria involontaria. Cerco di evocare una memoria. In 'Lazzaro felice' cercavo di evocare la memoria dell'uomo buono", aggiunge Alice Rohrwacher riferendosi al secondo film della sua 'trilogia della Tuscia (o del Centro Italia)' iniziata con 'Le meraviglie' e conclusasi, appunto, con 'La Chimera'.
"Questo film evoca la memoria della mancanza, ciò che ci manca - racconta - a tutti manca qualcosa, qualcosa di materiale ai tombaroli, ma c'e' a chi manca un amore, a chi una figlia. Questa mancanza ci accomuna più di quanto si possa pensare. Era un soggetto spigoloso e ho cercato di raccontarlo con leggerezza", aggiunge. La regista spiega poi che "c'è legame tra 'Le meraviglie', 'Lazzaro felice' e 'La Chimera' non solo perché si svolgono in uno stesso territorio, anche se è un'area molto vasta, il Centro Italia, ma perché è il luogo simbolico della ricerca di una radice comune, della possibilità di essere una famiglia, di essere buoni e di riconoscere le proprie mancanze".
Dopo un lungo percorso nei festival, finalmente a novembre 'La Chimera' arriverà al grande pubblico della sala. Alice Rohrwacher si dice curiosa di vedere come sarà accolto. "Non vedo l'ora che esca in sala perché è un film aereo e ha bisogno di radiarsi al pubblico - dice durante la conferenza stampa - e sono sicura che il pubblico è pronto a forme narrative nuove, diverse. Abbiamo un giudizio negativo del pubblico, pensiamo che sia pronto solo a narrazioni classiche - continua - ma io sono certa che il pubblico è pronto. E lo sono anche i giovani". Che potranno capire, ne è certa, un film particolare girato in tre formati diversi che per l'autrice hanno un significato narrativo ben preciso.
"Lavorando sul tempo, sul passato, sull'archeologia - spiega - volevo mettere nel film anche l'archeologia di questo strumento che amo, del cinema. Mettendo dentro sia i supporti - dal 16mm al super 16mm al 35mm - che hanno permesso al cinema di ampliare la sua possibilità narrativa, sia i momenti della storia del cinema, il cinema delle origini. Il mio riferimento è il cinema di Buster Keaton, più che le comiche - aggiunge - ma ci sono anche citazioni di Bud Spencer e Terence Hill... io sono libra nelle mie citazioni. La libertà è qualcosa che risplende e dà una luce al film. Dà accesso a delle fonti che hanno nutrito la mia memoria". 'La Chimera' racconta le vicissitudini di una banda di tombaroli, cioè di profanatori di tombe etrusche e rivenditori di oggetti antichi a ricettatori locali. Siamo negli anni ottanta. Coloro che decidono di diventare 'tombaroli', di varcare quel tacito confine tra il sacro e il violabile, lo fanno per dare una svolta al passato.
Loro non appartengono al passato, non sono figli dei loro padri che sono cresciuti vicino a quelle tombe antiche senza mai violarle. Per loro nelle necropoli ci sono solo anticaglie, cose vecchie. Non sono più cose sacre. L'ingenuità di chi ha seppellito quelle cose li fa ridere, anzi, si chiedono come sia possibile che un popolo abbia lasciato sotto terra tutte quelle ricchezze proprio per delle anime. Gli etruschi hanno dedicato la loro arte, la loro maestranza, le loro risorse all'invisibile. Per i tombaroli semplicemente l'invisibile non esiste.
Per Alice Rohrwacher il tema dell'aldilà è una questione personale. Interrogata sul suo rapporto con l'aldilà, la regista spiega: "Io ho un rapporto molto simile con il visibile e l'invisibile. Come rispetto il visibile, rispetto l'invisibile". Sulla questione risponde anche Isabella Rossellini, che nel film è stata invecchiata per interpretare Flora, l'anziana insegnante di canto che non si arrende alla perdita della figlia Beniamina: "Ho una grande ammirazione dei film di Alice Rohrwacher, così quando mi ha offerto una parte sono rimasta contenta - ricorda - poi l'ho chiamata e le ho detto: 'questo film ha a che fare con la morte?' Lei mi ha risposto - ricorda ancora - no, con l'aldilà. Allora mi ha convinta. Io quando penso all'aldilà - aggiunge - mi viene in mente sempre quello che diceva Luciano De Crescenzo: 'io non sono credente, io sono sperante'".
Come sempre nel film di Alice Rohrwacher recita, seppure stavolta in un ruolo non da protagonista, la sorella Alba. "Il mio è personaggio di Frida che ci siamo divertite a mettere in scena andava ad attingere al codice delle fiabe per la sua genesi - racconta l'attrice - rappresenta l'avidità, è un'entità immateriale. Rappresenta la brama di ricchezza che affligge l'umanità. Con Alice ci stiamo divertendo a raccontare, naturalmente nel suo mondo, dei personaggi sempre più neri. Nelle 'Meraviglie' e in 'Lazzaro felice' i miei personaggi hanno grande empatia. Poi ne 'Le pupille' (cortometraggio prodotto da Alfonso Cuaron candidato all'Oscar) fino al personaggio di Frida de 'La Chimera' l'empatia è meno presente e ci dà la possibilità di osare e stupirci di noi stesse e anche del lavoro che possiamo fare insieme", conclude.