AGI - Alla diciottesima edizione della Festa del cinema di Roma è il giorno di Ferzan Ozpetek che presenta alle ore 19 in Sala Sinopoli nella sezione Grand Public il suo ultimo film, 'Nuovo Olimpo'. Il regista di Istanbul ambienta il suo nuovo film a Roma, con una storia d'amore gay che attraversa tre decenni a partire dalla fine degli anni '70. Nel cast del film scritto dallo stesso Ozpetek assieme a Gianni Romoli, figurano Damiano Gavino, Andrea Di Luigi, Aurora Giovinazzo oltre a una bravissima Luisa Ranieri (in versione Mina), Aurora Giovinazzo, Greta Scarano, Alvise Rigo, Giancarlo Commare e la partecipazione di Jasmine Trinca.
"Da sette-otto anni pensavo di raccontare questa storia. Era quasi un'esigenza. Negli anni sono andato avanti pensando a questo progetto. Finché con Gianni Romoli abbiamo pensato di rischiare. E' un film quasi del tutto autobiografico. E' il mio 14esimo film, in cui ci sono tante cose della mia vita. Per me è come aver messo il punto nel romanzo e poi girerò la pagina. E allora vedrete cosa combinerò...". Lo dice il regista Ferzan Ozpetek, parlando durante la conferenza stampa di 'Nuovo Olimpo'. Il film inizia alla fine degli anni '70. Due giovani ragazzi gay di 25 anni, belli e affascinanti, si incontrano per caso e si innamorano perdutamente. Un avvenimento inaspettato però li separa. Per trent'anni inseguono comunque la speranza di ritrovarsi, perché si amano ancora.Una love-stoy omosessuale che andrà su Netflix dal prossimo 1 novembre. Per Ozpetek, regista turco che vive da quasi 50 anni in Italia, il tema dell'amore tra uomini è ricorrente nei suoi film. E stavolta sembra quasi volersi togliere dei sassolini dalle scarpe quando fa dire a uno dei suoi personaggi: "Non sono io che metto l'omosessualità nei miei film, sono gli altri che la tolgono".
"Io non racconto l'omosessualità o l'eterosessualità, ma parlo delle persone come sono fatte, senza avere una censura nella mia testa - spiega - sarà meraviglioso quando non ci saranno più locali per soli gay, locali per etero, ecc. - spiega il regista durante la conferenza stampa - sarà bello quando ci saranno i locali per tutti. Quando i genitori saranno considerati genitori e basta e non ci saranno distinzioni tra genitori etero o genitori gay. Nei miei film ho raccontato sempre persone che vanno con uomini o donne come ti pare, ma nella vita vedo sempre che c'è scambio di affetto - aggiunge - i sentimenti, le emozioni, sono bellissimi e non bisogna catalogarli".
Ozpetek spiega poi che la battuta presente nel film deriva da una sua esperienza di alcuni anni fa: "Durante un'intervista che un critico americano mi fece tre anni fa per l'uscita di 'La dea fortuna' in America - ricorda - mi disse che ero stato troppo in anticipo sui tempi dirigendo 'Il bagno turco' e 'Le fate ignoranti'. Gli Usa, mi disse, non erano pronti e i miei film sono andati nelle videoteche nei reparti per i gay. Per me è stata una grande delusione".
Per la prima volta, in occasione del suo 14esimo lungometraggio, il film di Ferzan Ozpetek non uscirà in sala ma andrà direttamente sulla piattaforma streaming Netflix. Per il cineasta di origine turca, che vive da quasi cinquant'anni in Italia, rappresenta una nuova sfida. "Non uscire in sala è una sensazione strana - spiega durante l'incontro stampa alla Festa del cinema - è un po' come fare una cena in due o in tre e vedere un film in tv mentre, uscendo al cinema, è come fare una cena con 20 persone. Mi piace molto l'idea che il mio film entri nelle case delle persone in 190 Paesi - continua - è un'esperienza bellissima per me. Mi dispiace per Luisa (Ranieri, ndr) e per i miei attori ma non per me: non avrò l'ansia dell'uscita e ai David di Donatello voglio andare per premiare qualcun altro. Se poi arriveranno messaggi dalla Thailandia, dall'Australia, in cui ricevo degli insulti - scherza - allora cambierò idea".
Lavorare per Netflix ha significato anche avere delle disponibilità economiche e delle libertà che, racconta, non ha mai avuto prima. "Non sono abituato a lavorare in questo modo, con la produzione responsabile che mi diceva che se volevo far ricostruire una strada come negli anni '70 potevo farla, se volevo girare tre giorni in più, potevo farlo. Mi dicevo: ma sono matti questi? Io ho bisogno di limiti per essere creativo - spiega Ozpetek - inoltre quando sono andato al montaggio, alcuni registi (amici e non amici) mi hanno detto: ora sono affari tuoi... I produttori invece sono arrivati, hanno visto il film e poi mi hanno detto il loro pensiero. E io sono aperto di mentalita' e a volte devo ringraziarli. Il lavoro insieme - conclude - è stato magico".