AGI - "C'è tanta disumanizzazione e noi non abbiamo il diritto di essere disumani". E' perentoria Kasia Smutniak presente alla Festa del Cinema di Roma con "Mur", docu-film dedicato al muro che la Polonia, suo paese natale, ha eretto al confine con la Bielorussia.
Un mostro d'acciaio che deve impedire ai migranti di andare dall'altro lato, verso la Polonia appunto, e verso l'Europa tutta. Di "Mur" (Muro) presentato anche al Festival di Toronto e da domani nelle sale, l'attrice è anche regista.
Il docu-film è un reportage del viaggio dell'attrice lungo la zona rossa, terra proibita, che vuole accendere una riflessione sulle politiche di confine della Polonia e sulla crisi dei rifugiati. "Ho assistito alla genesi del male, alla genesi del muro ovvero, all'inizio di qualcosa che non so dove porterà. E ho deciso di dare vita a questo progetto. C'è sempre un inizio in cui decidi di fare qualcosa", spiega.
Smutniak, attrice polacca da anni in Italia, ha deciso di raccontare il suo "muro europeo, con coraggio". Perchè, "nel mio Paese - dice - stava accadendo qualcosa che non riuscivo più ad accettare. Quando ho accompagnato Diego Bianchi di Propaganda Live per fare un reportage, è scattato qualcosa. E ho deciso di attivarmi".
Il "Mur", in acciaio e lungo 186 chilometri, si stava costruendo "nel silenzio generale. Non c'erano giornalisti, non c'era nessuno". Sul posto, per filmare, Kasia Smutniak ha usato soprattutto telefonini e qualche piccola telecamera. Il viaggio è stato pericoloso, condotto nei boschi dove cittadini disperati provano a entrare.
"Non ho voluto riprendere i migranti - spiega l'attrice - perchè volevo che fosse chiara la mia impressione, quello che provavo. Quello è un muro per certi versi simile a quello del ghetto ebraico sulle cui macerie, è stato costruito il quartiere dove sono cresciuta e dove c'era la stazione dove partivano i convogli degli ebrei, e io, in quella stazione ci andavo a giocare. La storia, la memoria, si ripresenta".
Nel marzo del 2022, a pochi giorni dall'invasione dell'Ucraina da parte della Russia e con l'Europa mobilitata per aiutare i rifugiati, a distinguersi per tempestività nell'aiuto e sostegno c'è proprio la Polonia. Quella Polonia che però ha iniziato la costruzione di un muro, costoso e al confine con la Bielorussia, per impedire l'accesso ai rifugiati.
"Mur" sfrutta il ritmo di un thriller per documentare e informare sui muri realizzati per dividere gli esseri umani, alzando il velo sull'ipocrisia europea. "Ci sono tanti muri in costruzione in vari Paesi - dice l'attrice - quel muro non è stato fermato. E questa è l'Europa di oggi. Si è persa l'immagine di un continente aperto e accogliente. Dobbiamo confrontarci su questo".
"I conflitti di oggi - chiarisce Kasia - dimostrano che alzare barriere e dividere i popoli porta a conseguenze drammatiche che poi pagheranno i nostri figli. I traumi si tramandano e la terra ha una memoria. Io non vengo da una famiglia ebrea, e per caso, ci siamo ritrovati a vivere in una zona della Polonia costruita sulle macerie di un Ghetto ebraico. Quella terra porta una memoria e io ho voluto raccontare anche questo. Ho voluto accostare le mie radici a quello che sono oggi per dare importanza alla memoria".
"Mur" uscirà anche in Polonia, a dicembre. "Come donna sono stata sottovalutata troppe volte - conclude Smutniak - anche per fare questo documentario, in situazioni dove magari, era meglio si muovesse un reporter. Ma questo progetto segna nella mia carriera la voglia di raccontare storie e il modo in cui voglio farlo. Io non so se questa storia cosi come altre relative a quello che stiamo vivendo oggi, continueranno a lavorare nella mia testa. Ma ho aperto dei canali emozionali nuovi e ho deciso di dedicare la mia energia a raccontare le storie che secondo me vale la pena narrare".