AGI - Il genere fantasy, con ambientazioni primitive con regni che si alleano e poi si scontrano tra loro, derivati dalla mitologia nordica e resi immortali nel '900 da J.R.R. Tolkien e la sua triologia de 'Il Signore degli Anelli', nell'ambito delle serie tv non può prescindere da 'Il Trono di Spade' (Game of Thrones). Un modello fortunatissimo e imitatissimo a cui non vole allontanarsi neppure l'ultimo nato in casa Sky, l'atteso 'Romulus' di Matteo Rovere - una serie Sky Original prodotta da Sky, Cattleya – parte di ITV Studios - e Groenlandia - ambientato nel Lazio dell'VIII secolo avanti Cristo tra le popolazioni e le tribù che nel giro di qualche secolo sarebbero state assoggettate e inglobate nel regno di Roma, destinato a dominare il mondo per oltre un millennio.
Le prime due puntate della serie, scritta da Matteo Rovere (le sceneggiature sono firmate insieme a Filippo Gravino e Guido Iuculano) che l'ha diretta insieme ad altri due registi, Michele Alhaique ed Enrico Maria Artale, vengono presentate oggi in anteprima mondiale alla Festa del Cinema di Roma prima di arrivare su Sky il prossimo 6 novembre. Matteo Rovere, dopo il successo della sua versione della leggenda di Romolo e Remo del film 'Il primo re', fa un salto indietro e racconta la storia di quello che c'era prima dei due gemelli allevati dalla lupe che avrebbero fondato Roma. "L'idea della serie nasce ancor prima del film - spiega il regista e showrunner - volevo creare uno spettacolo accattivante e avvincente. Per noi e per i produttori che hanno creduto in questa idea era occasione per proporre uno spettacolo nuovo nelle modalità di rappresentazione e che al contempo fondasse le sue radici su qualcosa di molto noto, da raccontare per la prima volta e reinterpretato. La grande sfida è di misurarsi con la nostra nazione ma anche di andare fuori e portare all'estero questo racconto".
'Romulus' si svolge nel Lazio dell'VIII secolo a.C., in un mondo arcaico e selvaggio, dove dominano la violenza e la paura e gli uomini vivono soggiogati dal volere degli dei. I trenta popoli della Lega Latina vivono da anni sotto la guida del re di Alba Numitor. Ma siccità e carestia stanno minacciando la pace e la vita di queste città. Fuori da queste invece c’è il bosco, un luogo oscuro abitato da creature crudeli e misteriose. Il re Numitor deve consultare l’aruspice. Il responso è implacabile: il re dovrà andare in esilio e il suo trono passerà ai nipoti, Enitos e Yemos, gemelli nati da sua figlia Silvia. Ovviamente, come in ogni narrazione che si rispetti, arriverà l'usurpatore che nel racconto è lo zio dei ragazzi, Amulius, che, convinto da sua moglie Gala, capisce di avere un’ultima occasione per appagare la sua sete di potere. Yemos dovrà scappare dalla sua città e andrà a rifugiarsi nei boschi e si unirà ai seguaci di Rumina e saranno guidati dalla Lupa, guerriera feroce e materna, che li inizia a sanguinose tradizioni e rivela loro il sogno di una città capace di sfidare ogni potenza e di accogliere tutti i diseredati, Ruma.
La storia di 'Romulus' si sviluppa in un periodo precedente alla vicenda del film di Matteo Rovere, 'Il primo re', un'epoca lontana di cui non si sa molto e dove anche le leggende si perdono nella notte dei tempi. "Nel film avevo raccontato la leggenda di Romolo e Remo come se fosse vera: volevo mettere in scena la leggenda - spiega ancora Matteo Rovere - per la serie il lavoro è stato diverso. Ci siamo immaginati la genesi di questa leggenda. A livello storico non c'è alcuna informazione condivisa sulla natura dell'VIII secolo avanti Cristo, ci sono varie scuole: chi pensa ci sia nella leggenda una qualche validità storica e chi, soprattutto gli anglosassoni, ritiene che la leggenda sia stata creata in un secondo momento. Esplorare la società della prima grande città del tempo. La serie ha una ricostruzione fedelissima, fatta con gli archeologi, rispetto agli elementi plastici (capanne, costumi, ecc) e invece è libera e fantasiosa nel rapporto con il mito che è una favola. Abbiamo lavorato in libertà - aggiunge Rovere - cercando di andare incontro allo spettatore e farlo divertire, cercando sempre di essere fedeli a quello che era l'VIII secolo, con le trenta città, creando un'arena non dico alla 'Game of Thrones' ma coerente con quello che poteva essere nel tempo".
Una delle particolarità della serie, ereditata dal film, è il fatto che tutti gli attori parlino in una lingua antesignana del latino. Erroneamente (anche in conferenza stampa) si definisce proto-latino, ma in realtà è una lingua basata su questo idioma, di cui si conosce la struttura e che era parlato però nel Lazio nel III Il secolo a.C., integrato con parole ed espressioni degli etruschi e degli osci, popoli che erano vissuti nel Lazio molti secoli prima. Una lingua ricreata da un gruppo di linguisti dell'Università 'La Sapienza' di Roma per 'Il primo re' di Matteo Rovere. Una soluzione narrativa creata per il cinema che rende questa serie unica. Bella per lo spettatore, ma forse non altrettanto piacevole per gli attori. Se Marianna Fontana (la giovane Ilia, chiusa da anni nel tempio di Vesta come sacerdotessa vergine), confessa di essersi divertita, di diverso avviso è Andrea Arcangeli (il principe fuggiasco Yemos e prossimo Roberto Baggio nella fiction di Netflix): "Recitare in proto-latino non è proprio un'esperienza divertente come detto dalla collega... - confessa durante l'incontro stampa - anche perché quando si gira una serie capita che devi fare delle scene di nuovo e dei imparare rapidamente tutto. Prima fase del lavoro - aggiunge - è imparare a memoria una scena, poi parte il secondo step che è quello di dare credibilità a quella lingua. Cercare di dare naturalezza a una lingua morta, poi rielaborata. E' stato bello vedere come ognuno ha poi trovato una chiave propria".
Come sempre più spesso accade con le serie tv - da Gomorra a Suburra - anche i 10 episodi di 'Romulus' vedono alternarsi alla regia diversi registi. "Questo è un gioco di squadra, è una serie impossibile da girare da soli - spiega Matteo Rovere, showrunner e uno dei tre registi - non solo perché si gira seguendo diverse linee, infatti bisogna tenere in conto il tempo e l'inverno è uno spauracchio. Poi importante è che si sommino diverse sensibilità - aggiunge -. Con Enrico Maria Artale e Michele Alhaique è stato un lavoro importante, condiviso con i produttori ma anche fatto in libertà".
In conferenza stampa alla Festa del Cinema di Roma sono anche intervenuti gli sceneggiatori di 'Romulus', Filippo Gravino e Guido Iuculano, che hanno voluto sottolineare che si tratta di "una serie a cavallo di questi tempi che parla di un gruppo di ragazzi a cui un mondo arcaico e anteriore ha imposto le proprie regole. E' un racconto di emancipazione. E' un tema cavalcabile anche dalle generazioni attuali", hanno aggiunto.