È un Pierfrancesco Favino che cattura l'Ariston e impone, con la forza della recitazione, il silenzio assoluto in sala. Lo fa con il monologo "La notte poco prima delle foreste", atto unico del drammaturgo e regista francese Bernard-Marie Koltès del 1977. Spesso il titolo è riportato al singolare, ma è solo per una questione legata alla prima traduzione in italiano dell'opera.
È una figura maschile quella che parla, che descrive la condizione di chi deve sempre e solo subire, di chi viene preso a calci in culo, sempre e comunque. Anche solo per volersi sdraiare sull'erba e raccontare e ascoltare storie. Oggi si direbbe "a prescindere". Una storia di esclusione. Il monologo racconta come di un apartheid, di un vecchio generale che non si muove da una foresta del Nicaragua, gli portano finanche le munizioni e i suoi soldati prendono di mira "tutto quello che vola al di sopra del fogliame, che compare ai margini della foresta".
È un testo a cui Favino è affezionato, a gennaio l'ha recitato all'Ambra Jovinelli di Roma. In sala all'Ariston è palpabile la tensione e l'attenzione. Le telecamere indugiano sui volti assorti della mooglie e della figlia di Favino. E lui, su una sedia in un palco vuoto che da' il senso dell'esclusione, ha gli occhi lucidi mano a mano che va avanti. E sul finale ecco l'entrata in scena di Fiorella Mannoia e di Claudio Baglioni che cantano 'Mio fratello che guardi il mondo" di Ivano Fossati. Il tutto è un momento importante e giusto di stacco profondo con quello che è un Festival della canzone.
Il coraggio di #Favino, che in un Paese in piena deriva fascio-razzista, porta in prima serata a @SanremoRai un monologo contro il razzismo. E adesso fischiatelo se avete il coraggio #sanremo2018 #sanremodaldivano
— Lorenzo Vendemiale (@lVendemiale) 10 febbraio 2018
QUESTO MONOLOGO DI FAVINO, NELLA STORIA DI TUTTI I FESTIVAL. IMMENSO, EMOZIONANTE, PIANGO.
— Masse78 (@Masse78) 10 febbraio 2018
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