L ’ultima pausa di un anno presa da Woody Allen nella sua carriera risale al lontano 1981, tra l’uscita di "Stardust Memories" (1980) e quella di "Una commedia sexy in una notte di mezza estate"(1982), dopodiché il regista, considerato a buona ragione uno degli umoristi più importanti della storia, non si è mai fermato. Un film l’anno, non tutti capolavori assoluti come "Manhattan" o "Io e Annie" certo, ma non fermando mai la sua attività, da instancabile stakanovista quale è sempre stato, anche oggi che ha raggiunto e superato gli 80 anni. Il 2019 potrebbe essere di nuovo tempo di un break, di rimettersi in forma in attesa di un progetto già annunciato per il 2020.
Amazon e "A Rainy Day in New York"
Entro il 2018 invece Amazon lancerà in sala "A Rainy Day in New York", che però potrebbe uscire seguito (più probabilmente anticipato, e già si sentono in lontananza i primi tuoni) da una tempesta di polemiche dovute a presunte violenze sessuali commesse più di vent’anni fa da Woody Allen nei confronti della figlia Dylan Farrow, figlia adottiva dell’ex moglie Mia Farrow. Perdersi nei meandri della battaglia legale tra la Farrow e il regista newyorkese sarebbe come entrare in un labirinto di cause, processi, test della verità e affidamenti da far girare la testa, una battaglia partita nel 1992, quando la Farrow scoprì la relazione di suo marito con la figlia che l’attrice adottò durante una precedente storia con il direttore d’orchestra André Previn, Soon-Yi Farrow Previn.
Una relazione che fu la prima tessera del domino a cadere e che innescò uno sconvolgimento nella vita del regista, della moglie, ma soprattutto di tutti i figli. In realtà un tribunale ha già valutato false le accuse di Dylan Farrow nei confronti del padre, comunque i due non hanno a che fare da molti anni e ultimamente la ragazza è tornata ad attaccare il regista ribadendo la sua versione dei fatti.
Quanto c’entra la storia personale della famiglia Allen con la sua attività? Fino a quest’anno evidentemente poco dato che il regista ha continuato a fare il suo cinema instancabilmente senza fermarsi mai, oggi però voci di corridoio parrebbero far pensare che i nodi siano arrivati al pettine. Anche il genio assoluto e universalmente riconosciuto di Allen potrebbe ritrovarsi invischiato nella nuova era hollywoodiana del post Weinstein, un’era dove si fa a gara per mettersi al sicuro lontano da qualsiasi personaggio o professionista sul quale sia anche vagamente calato un velo di sospetto riguardo storie di abusi sessuali. E Woody Allen è ormai passato alla storia (erroneamente tra l’altro) come il protagonista dell’incesto più clamoroso della storia dello showbiz: il padre che sposa la figlia adottiva.
Per cui gli attori protagonisti di "A Rainy Day in New York", Timothée Chalamet, Griffin Newman e Rebecca Hall hanno già annunciato che doneranno il loro cachet per il film al movimento Time's Up che si occupa della difesa legale gratuita per casi di violenza sessuale; e gli attori Michael Cane ed Ellen Page hanno già pubblicamente annunciato che non accetteranno proposte di lavoro da Allen
A rischio anche il prossimo progetto del regista
Potrebbero quindi non essere soltanto voci quelle che dicono che anche il progetto, ancora senza titolo, di Woody Allen del 2020 sia a rischio. Altre voci di corridoio infatti dicono che Amazon, con la quale il regista nel 2016 ha firmato un contratto per la produzione di cinque film (attualmente ne sono usciti solo due), starebbe pensando di far saltare l’accordo anche a costo di pagare una salatissima penale. Woody Allen starebbe quindi cercando altri sostenitori per la produzione del suo nuovo film, cosa che in un clima del genere al momento sembrerebbe essere missione assai complessa.
Lo starsystem americano infatti, così come lo stesso pubblico, stanno reagendo con grande severità con chiunque sia implicato o anche solo sospettato di violenza sessuale. Un movimento che sta procedendo lasciando il deserto al suo passaggio, un movimento, quello #metoo, che vede tra l’altro in Ronan Farrow, figlio biologico (forse; ci sono sospetti che in realtà la paternità sia da addebitare a Frank Sinatra) proprio di Woody Allen e Mia Farrow, uno dei suoi più feroci sostenitori.
A giugno Woody Allen durante un’intervista ad una tv argentina aveva non solo respinto ogni accusa ma aveva dichiarato “Sono un grande sostenitore del movimento #MeToo e credo che dovrei esserne il portavoce, perché ho lavorato nel cinema per 50 anni e nessuna delle mie collaboratrici e attrici si è mai lamentata di me”. Ma il cinema americano, giustamente, non pare muoversi in quella direzione. Il motto al momento è: nessuna pietà.
Nessuna pietà né quindi per chi la storia di Hollywood la stava scrivendo come Kevin Spacey, che chissà se si riprenderà dalla sberla ricevuta al botteghino con la sua ultima uscita, e nemmeno per chi l’ha scritta, come Woody Allen, che difficilmente oltreoceano riusciranno a venderci semplicemente come un maniaco sessuale; il lavoro dell’autore americano è talmente immenso che per noi resterà sempre un intellettuale di rara fattura.