L a cerimonia degli Oscar del prossimo 4 marzo non dovrà essere come quelle passate. Pena la morte dell’intera manifestazione. Per la prima volta uno scandalo dalla portata enorme ha travolto l’industria del cinema.
La prossima sarà la prima edizione della consegna della celebre statuetta senza il produttore Harvey Weinstein che al Dolby Theatre è stato per trent’anni una presenza fissa non solo nella giuria ma - soprattutto - nelle decine e decine di film da lui prodotti.
Quest’anno, mentre il gotha di Hollywood sfilerà in smoking e abito lungo, Weinstein guarderà - forse - la cerimonia dal centro di riabilitazione in Arizona dove si è rintanato dopo che oltre 70 donne, tra cui diverse attrici oggi affermate, lo hanno accusato di averle molestate sessualmente all’inizio della loro carriera.
Dopo la nascita del movimento #Metoo e dopo che le regine di Hollywood hanno scelto di sfilare in nero ai Golden Globe per dire con un segnale chiaro “basta” a una cultura sessista e maschilista imperante, l’edizione 2018 degli Oscar non può essere come tutte le altre.
Che vinca il migliore
Se questa manifestazione “è importante almeno un decimo di quello che sostiene di essere, allora l’evento dovrà essere una spia di cambiamento”, osserva in un editoriale pubblicato sul 'Guardian' Hadley Freeman. “Se non sarà così - continua - l’intera cerimonia sprofonderà nella più completa irrilevanza”.
La vicenda di Weinstein è diventata il simbolo delle violenze e dello sfruttamento sessuale in tutte le industrie, non solo in quella cinematografica da cui era partita. Hollywood e per estensione l’Academy “riflettono la cultura e qui ci troviamo una storia che prende piede a Hollywood ed entra a far parte della cultura. Se gli Oscar non saranno in grado di rappresentarla si ricopriranno di ridicolo”.
Come farlo? “Assegnando i premi ai film davvero meritevoli” e non ad esempio “a 'The Post' nominato solo perché vanta i nomi di Steven Spielberg, Tom Hanks e Meryl Streep”, sostiene Freeman, che aggiunge: “Ci sono solo due strade: fare progressi o morire”.
L'incubo del box office
D’altronde gli affezionati non sono più quelli di una volta: “Secondo le stime, lo share americano per le tre ore di diretta della cerimonia è crollato dai 46,3 milioni del 2000 ai 32,9 milioni dello scorso anno. E la sensazione è che sia destinato a scendere ancora visto che i film con più nomination non hanno sbancato ai box office”, spiega in un articolo il corrispondente del 'Guardian' da Los Angeles Rory Carrol.
Oltre a Weinstein ci saranno anche altri convitati di pietra, come il premio Oscar Kevin Spacey, ad esempio, e Casey Affleck, entrambi accusati di violenza sessuale.
Oltre che dalla cultura maschilista e sessista, la manifestazione prova anche a riscattarsi dalle accuse di razzismo delle passate edizioni, quando attori e registi afroamericani hanno protestato per l’ormai anacronistica assenza di nomination e premi alla parte “black" di Hollywood.
Divano dorato
Ma alla fine Weinstein ci sarà: in accappatoio leggermente aperto e pantofole, seduto sul “divano del casting" con un Oscar in mano. Lo hanno raffigurato così, con intento provocatorio, Plastic Jesus, un artista di strada di Los Angeles, e Joshua “Ginger” Monroe, designer delle statue nude di Donald Trump.
La statua dorata è stata collocata sulla Hollywood Boulevard, proprio vicino al Dolby Theatre.