AGI - Come può un regista inglese fare un dispetto ai francesi? Probabilmente prendendo l'eroe nazionale che della 'grandeur' è il primo motore e portandolo sullo schermo come fa Ridley Scott in 'Napoleon' con Joaquin Phoenix, in sala dal 23 novembre distribuito da Eagle Pictures.
Non più l'uomo dagli occhi di ghiaccio che affascinò mezza Europa (e l'altra metà la terrorizzò), non più il condottiero capace di parlare ai suoi soldati e incitarli con memorabili discorsi, non piu' il militare appassionato di arte e cultura che portò con sè in Egitto i più importanti archeologi e linguisti dell'epoca, che saccheggiò le opere d'arte dei Paesi conquistati per arricchire la Francia.
Non l'uomo in grado di portare con sè non solo morte e distruzione, ma anche un vento di libertà nato con la Rivoluzione francese cambiando per sempre il mondo occidentale. Il film di Ridley Scott non parla di nulla di tutto questo. Il suo Napoleone è un ometto torvo e con lo sguardo fisso, che ogni tanto sembra anche un po' mentalmente rallentato.
Non il conquistatore d'Europa che ha affascinato politici, filosofi e artisti, ma un semplice individuo succube della donna che ama, Josephine de Beauharnais (Vanessa Kirby) che lo tradisce. Un ometto, insomma, seppure padrone del mondo.
"L'uomo che abbiamo visto conquistare il trono d'Europa, il genio della tattica, si trasforma in un piccolo uomo indifeso, completamente innamorato della donna che gli sta accanto sul divano e che ammette di non essere nulla senza di lei", ha dichiarato lo stesso Ridley Scott che ha fatto il film puntando molto sulle sue lettere all'amata che, aggiunge, "sono comicamente sgarbate e infantili, eccessivamente romantiche e anche piuttosto sporche. Era assolutamente incantato da lei. E dopo che si separarono per l'ultima volta, lei non le lesse mai. Quando morì, erano tutte in un cassetto del suo comodino", spiega il regista.
In poco più di due ore e mezzo di film prodotto Columbia Pictures e Apple Original Films (ma la versione estesa supera le 4 ore) Scott ripercorre senza approfondire e dando molto per scontato, la storia di Napoleone dal 1789, anno della Rivoluzione francese fino al 1821 quando l'ex imperatore morì a Sant'Elena.
Un excursus in cui inserisce elementi di storia alternandoli ad altri di fantasia. Scott racconta con una discreta fedeltà situazioni note - le battaglie di Tolone, Austerlitz (dove però non esce mai il sole) e Waterloo o l'incoronazione a Notre Dame - e altre meno note, come il fatto che Napoleone e Giuseppina, di sei anni più grande, diedero una diversa data di nascita al cittadino che li sposò (dissero di avere entrambi 28 anni, mentre lui ne aveva 27 e lei 33).
Poi si prende licenze storiche che hanno fatto arrabbiare gli esperti di Napoleone: la presenza del giovane Bonaparte davanti al patibolo di Maria Antonietta; il colpo di cannone sulle piramidi; il figlio illegittimo che vorrebbe far passare per suo e di Giuseppina; la campagna di Russia che non si conclude con la decisiva (per il destino di Napoleone) sconfitta nella 'battaglia delle nazioni' a Lipsia del 1813; la fuga dall'esilio dell'isola d'Elba e il rientro a casa di Giuseppina appena morta (quando invece era scomparsa da sette mesi).
Tutti errori o disattenzioni, in realtàveniali rispetto al capolavoro di Scott del 2000, 'Il Gladiatore', film vincitore di cinque premi Oscar tra cui quello per miglior pellicola, in cui arrivò addirittura a riscrivere la storia di Roma facendo morire l'imperatore Commodo per mano di un ex generale diventato gladiatore che ristabilisce la repubblica.
Una licenza che pubblico e critica gli hanno ampiamente perdonato perchè il film era avvincente, l'attore un sex symbol bravo e affascinante (Russell Crowe, premiato con l'Oscar), la trama funzionava perfettamente utilizzando tutti i canoni del film d'avventura - con tanto di eroe buono che sopravvive e a tutto e trionfa alla fine sul cattivo - e c'erano tante frasi a effetto rimaste proverbiali ("tra cui la celeberrima 'al mio cenno, scatenate l'inferno!").
Stavolta non c'è una riscrittura della Storia, quindi, ma ciò che viene invece riscritto completamente è il personaggio stesso di Bonaparte. Al punto che Joaquin Phoenix ha dovuto spiegare che "Ridley Scott ha portato sullo schermo la sua idea di Napoleone".
Ed è un'idea - ma solo l'idea - che forse piacerebbe a Marco Bellocchio (presente all'anteprima romana al cinema Adriano), l'idea di esplorare la psicologia del personaggio di Napoleone. "Credo che uno dei motivi per cui le persone sono ancora affascinate da Napoleone e' che era cosi' complicato - dice il regista - non c'è un modo semplice per definire la sua vita. Si può leggere una biografia per sapere cosa e' successo, ma quello che mi interessa come regista è il suo carattere, andare oltre la storia e penetrare nella mente", aggiunge.
Quello che resta del film, dunque, sono le immagini delle battaglie (con grande ausilio del computer), la ricostruzione storica della Parigi della Rivoluzione, degli ambienti aristocratici e delle dimore dell'epoca. Resta anche, per chi è interessato, la storia di un amore un po' tossico tra due persone molto diverse. Un rapporto intimo su cui Scott vorrebbe basare il suo 'Napoleon' e che, in realtà, risulta a tratti impalpabile e poco coinvolgente come un po' tutto il film.
L'attesa per l'ultima opera dell'85enne regista britannico, costata - sembra - oltre 200 milioni di dollari, sta per finire. Chi si aspetta un nuovo 'Gladiatore' resterà deluso. Così come chi pensa di trovare sullo schermo il mito di Napoleone. Scott spiazza tutti e fa il film che (forse) voleva fare, parlando di Napoleone come lo immagina lui ed evitando di raccontare quello che e' noto e leggendario e che quasi tutti si aspettano da un film come questo.
Nessuna frase a effetto, dunque, neppure le celebri parole rivolte ai suoi soldati prima della battaglia contro i Mamelucchi in Egitto ("Soldati, considerate che dall'alto di queste piramidi quaranta secoli vi guardano") oppure quelle con cui si mette da solo in testa la corona ("Dio me l'ha data, guai a chi la tocca") o, ancora, quelle relative alla guerra ("La strategia è l'arte di far buon uso del tempo e della distanza, ma la distanza puo' essere recuperata, il tempo mai", oppure: "Ai generali bravi preferisco quelli fortunati").
Il suo Napoleone-Phoenix, in definitiva, è lontanissimo dall'eroe Massimo Decimo Meridio del 'Gladiatore', ma nel tentativo di umanizzare quello che in effetti è un mito della nostra Storia forse rischia di banalizzarlo.