AGI - Gli ha filtrato le telefonate, le interviste e lo ha accompagnato nei vari festival in tutto il mondo. Ma Paola Comin, addetta stampa degli ultimi dieci anni di vita di Alberto Sordi racconta all'AGI di aver provveduto sempre, quando arrivavano nei vari hotel di lusso, anche a sincerarsi che dalle tapparelle non filtrasse la luce "perché per la sua irrinunciabile pennichella quotidiana, rigorosamente in pigiama, l'attore voleva il buio assoluto".
Alla vigilia del centenario della sua nascita, il 15 giugno, Comin rievoca di aver conosciuto Sordi nel '93 quando l'Umbria fiction tv festival per cui lavorava, decise di invitare il grande artista. "Telefonai alla sua addetta stampa storica Maria Ruhle, le spiegai che il Festival voleva omaggiarlo con un premio alla carriera, lei mi invitò a casa sua, per parlarne direttamente con lui" ricorda, spiegando che, emozionatissima, si era preparata a memoria un discorso e anche a chiamarlo Maestro.
"E invece non ce ne fu bisogno, Alberto mi accolse con una gran risata, mi sembrò di conoscerlo da sempre". Da quell'ospitata in Umbria in cui fu generosissimo, con tanto di visita agli stabilimenti Perugina dove la proiezione dell'episodio de 'Le coppie' in cui il suo Giacinto Colonna operaio delle acciaierie si regalava una tragicomica vacanza in Costa Smeralda con la moglie "buzzicona" esaltò la platea, nacque una collaborazione durata dieci anni, fino alla scomparsa di Sordi, prima come seconda assistente accanto alla press agent storica Rhule, poi, quando lei diradò i suoi impegni, da sola.
Il racconto, le cuoriosità
Comin, racconta, ha accompagnato l'attore in tutto il mondo tra festival e premi a Los Angeles, Mosca, Nizza, Madrid. Com'era il romano Sordi all'estero, a tavola? "Lui era appassionato di cucina italiana, mediterranea e si accontentava anche di una mozzarella, mentre rifiutava il pesce perché aveva orrore delle spine, evitava la carne dopo il caso 'mucca pazza' e da sempre, anche i funghi". Lei racconta, provava a convincerlo: "Ma sono champignon" e lui: "Sempre funghi sono".
Essendo estremamente educato, quando però a tavola arrivavano pietanze esterofile o ricette di novelle cousine, racconta, non li rimandava mai indietro, e di nascosto, li versava nel suo piatto, racconta la press agente: "Si divertiva poi a sfottermi: 'Ammazza quanto magni Paola'.
Nei dieci anni in cui gli è stata accanto Comin è stata anche il suo filtro telefonico professionale: "Nella sua villa l'unico telefono centralino era piazzato in cucina, squillava soltanto lì e le poche chiamate accettate erano quindi inoltrate in camera da letto, nella barberia, nella sala cinema - chiarisce -, il personale di servizio aveva l'ordine di rispondere sempre 'Il signor Sordi è uscito' (all'inizio lo facevano anche con lei, ndr)".
Sempre in cucina c'era un cartello che ricordava di dirottare le telefonate di lavoro sul numero della Comin. "Non facevano sconti a nessuno, perfino alle istituzioni" spiega lei, ricordando la volta in cui riuscì ad evitare in extremis un incidente diplomatico: "Alle otto e trenta del mattino ricevetti una telefonata dal Quirinale, mi chiesero 'Ma Alberto Sordi è con lei?' e io pensai a uno scherzo - racconta - risposi che a quell'ora era sicuramente a casa".
"Mi chiarirono che Franca Ciampi voleva parlare con Sordi ma che dalla villa avevano risposto che era uscito. Capii subito che si era fatto negare e dissi di richiamare a casa dopo dieci minuti, spiegai che lui sarebbe sicuramente rientrato, e avvertii la villa".
In breve: la coppia presidenziale voleva invitarlo a cena con la Vitti, lui andò e nacque una grande amicizia con l'allora first lady e il presidente, "i primi ad arrivare in Campidoglio alla camera ardente quando mori'".
Le cene private
Tra i ricordi più cari di Sordi che Comin conserva ci sono anche le cene private, strappate all'ufficialita' dei vari Festival: "A Mosca una cena a tre, io lui e il suo sceneggiatore Rodolfo Sonego quando Alberto si diverti' a chiedere sottobanco al maitre delle scatolette di caviale da portare in Italia e anche una cena tete à tete a Parigi ('Ma che dici se ce ne andiamo a cena io e te da soli?' mi propose una sera, stanco degli impegni ufficiali), piena di chiacchiere e ricordi".
Un'intimità, chiarisce, che non ha mai rischiato alcuna deriva sentimentale: "Quando ho iniziato a viaggiare con Sordi ero giovane e sposata, ma la Rhule mi rassicurò: "Alberto è una persona rispettosissima, non confonderà mai lavoro e sentimenti". Non si è mai sposato, chiarisce, perché diceva che il suo lavoro non gli avrebbe mai permesso di essere un padre attento. E lui amava fare bene tutto".