“Sesso, bugie e videotape”, “Erin Brockovich - Forte come la verità”, “Traffic”, la saga sulla banda di Ocean, il doppio biopic su Ernesto Che Guevara, sono solo alcuni dei lavori che hanno reso Steven Soderbergh uno dei registi più affermati di Hollywood, eppure la pellicola estratta dalla sua filmografia più visionata negli ultimi giorni è certamente “Contagion”.
Non un’opera minore, anzi, basta dare un’occhiata al cast per rendersi conto che si tratta di una grande produzione, i volti della storia sono infatti Marion Cotillard, Matt Damon, Laurence Fishburne, Jude Law, Gwyneth Paltrow, Kate Winslet e Bryan Cranston, tutti attori di primissimo livello.
Il titolo la dice già lunga, si tratta di una storia di contagi ed è normale che in questo momento questo genere di trama affascini particolarmente, ma esiste un’intera sottocultura cinematografica attorno ai numerosi film che trattano l’argomento. In “Contagion”, girato nel 2011, il virus MEV-1 comincia a sterminare senza pietà gli abitanti del pianeta terra nel film ha diverse cose in comune con il “nostro”, purtroppo, realissimo COVID-19.
Intanto la provenienza: un pipistrello che entra in contatto con un maiale; poi anche la modalità di attacco del virus, che va a colpire, come nel caso del coronavirus, il sistema respiratorio, provocando sintomi identici a quelli manifestati dai ricoverati per COVID-19, quindi febbre alta e tosse, che però, a differenza fortunatamente del coronavirus (e ci mancherebbe, si tratta di un film di matrice comunque apocalittica), portano alla morte nell’arco di pochissimo tempo, e quando appaiono donano alla pelle degli infettati un colorito “zombiesco” che lascia pochi spiragli al dubbio.
E infine il luogo dal quale tutto parte, l’Oriente, un casinò di Hong Kong per quanto riguarda il film, Wuhan nel nostro caso. E poi, cosa non secondaria, la pellicola racconta anche delle teorie complottiste portate avanti da Jude Law in versione blogger, che arriva addirittura a mentire circa una medicina capace di sconfiggere il virus. Internet che macina cospirazioni e propone cure miracolose, tutte cose che di certo non suoneranno nuove a chi sta seguendo assiduamente i dibattiti sul coronavirus degli ultimi due mesi.
Ma Scott Z. Burns, colui che ha firmato il copione di “Contagion”, è andato oltre immaginandosi anche tutte le contromisure che il mondo avrebbe dovuto assumere; quindi i protagonisti, così come noi, si ritrovano a dover affrontare il concetto inedito di “distanziamento sociale”, con la ricerca spasmodica di guanti e mascherine, con il campanello d’allarme che scatta nella mente ad ogni colpo di tosse e, chiaramente, la rincorsa all’acquisto di beni di prima necessità.
Anche se in questo caso non si può parlare esattamente di veggenza, dato che in realtà la produzione ha lavorato affiancata da dei consulenti del Centers for Disease Control and Prevention, organo di controllo sulla sanità pubblica degli Stati Uniti, che ha il compito di sorvegliare, prevenire e suggerire gli interventi più appropriati in caso di contagio diffuso ed epidemie.
Nel film, proprio perché è un film, la situazione degenera piuttosto velocemente, dilaga il vandalismo con il diminuire della speranza di trovare una cura che poi chiaramente viene trovata. Ripetiamo, si tratta di un film che mostra una realtà alternativa apocalittica, né più e né meno di quelli che raccontano di violenti attacchi alieni o catastrofi naturali, per cui alla fine si conterà un taglio demografico elevatissimo, la nostra situazione, pur nella sua drammaticità, è certamente più tranquilla.