N on vedevano l’ora che arrivasse il 16 aprile, i gemelli Fabio e Damiano D’Innocenzo e Giuseppe Saccà, un team di giovani vincenti, 31 anni i registi, 37 anni il produttore del film (in collaborazione con Rai Cinema): il giorno in cui il loro secondo film “Favolacce”, premiato al Festival di Berlino con l’Orso d’argento per la miglior sceneggiatura sarebbe trionfalmente dovuto uscire nelle sale.
Adesso che l’ha fermato l’emergenza coronavirus, ‘Favolacce’ sembra connotato da un destino condannato all’attesa, considerando che quella fiaba nera sui rapporti malsani tra genitori e figli preadolescenti di periferia è stata scritta quando i gemelli romani avevano solo 19 anni, prima del loro film d’esordio, “La terra dell’abbastanza”, anch’esso realizzato, nel 2018, da Saccà il produttore che li ha scoperti e lanciati: “Mi spiegarono che non mi avevano fatto leggere subito la sceneggiatura di Favolacce perché sapevano che come primo film di due esordienti, avrebbe incontrato più resistenze rispetto alla ‘Terra dell’abbastanza”, racconta il produttore che adesso sta valutando insieme a Vision distribution la possibilità di distribuire sulle piattaforme il film costato due milioni e mezzo di euro e già venduto anche all’estero, a partire dalla Francia. “Ferma restando la vicinanza di noi produttori indipendenti agli esercenti cinematografici e l’imprescindibilità della sala, non solo da un punto di vista romantico ma anche perché stabilisce il valore del film - chiarisce - stiamo ragionando su quanto sia opportuno tenere un certo tipo di prodotto nel cassetto, in attesa che i cinema possano riaprire”.
Saccà crede che se per alcuni titoli bisogna necessariamente aspettare la sala, per altri sarebbe meglio non rischiare né l’invecchiamento né “l’effetto imbuto” con un fatale ingolfamento di uscite quando si potranno riaprire le sale. La decisione chiarisce, dovrebbe essere presa nel giro di una settimana: “Favolacce è uno di quei film che non può aspettare , perché oltre a godere del lancio internazionale legato al successo a Berlino è un film molto contemporaneo che parlando delle macerie che stanno dentro di noi e dell’incomunicabilità all’interno delle famiglie, si adatta molto a quello che sta accadendo oggi nelle clausure forzate dall’emergenza coronavirus”.
Il produttore ne ha parlato ovviamente anche con i due registi che, racconta, stanno osservando le misure contenitive anticoronavirus ognuno a casa sua, scrivendo nuovi progetti : “Sono combattuti, come noi, dalla voglia di convogliare il loro film sul percorso naturale della sala cinematografica e quello di renderlo fruibile, ma si affidano alle nostre decisioni”. Saccà puntualizza che la decisione finale è legata “all’incognita della ripresa” ma soprattutto all’unità e alla protezione dell’intera filiera nell’operazione di salvataggio dai danni del coronavirus (“il settore si salva solo se si salverà l’intera filiera”), e alle decisioni del tavolo ministeriale che sta ragionando sulle deroghe: l’industria cinematografica e audiovisiva ha richiesto al MiBact una deroga, limitata al periodo di chiusura obbligatoria, per poter accedere ai benefici, tax credit, contributi automatici e selettivi, anche nel caso in cui un film non possa uscire nelle sale cinematografiche.
Il produttore guarda anche all’incertezza produttiva del futuro: “Non sappiamo quando potremo tornare sui set, noi abbiamo in preparazione il film di Sergio Rubini sui fratelli De Filippo e per fortuna non avevamo ancora aperto il set - spiega - ma penso al grande danno economico per chi aveva stipulato i vari contratti per le location o che quando potrà ridare il via non potrà più contare sul cast perché magari è sotto contratto con un altro film”. Davanti a tante incognite, Saccà una certezza ce l’ha, o meglio, una speranza: “Credo che la crisi da coronavirus darà vita a un nuovo neorealismo cinematografico e televisivo - chiarisce - adesso siamo obbligati a chiederci che tipo di storie vogliamo raccontare domani, tenendo conto che negli Usa, i film degli ultimi 20 anni sono direttamente o indirettamente permeati dal dramma dell’11 settembre. Vale la pena fermarsi a riflettere tutti insieme”.