I l Principe Harry e Meghan Markle volevano sfondare a Hollywood, ma hanno finito per fuggire in Canada, abbandonando la città natale di Meghan, Los Angeles, prigioniera del coronavirus. L’epidemia ha travolto anche in mondo del cinema in cui la principessa-attrice americana aveva appena ritrovato il suo primo ruolo, come voce narrante di un documentario della Disney. Los Angeles è una città fantasma e Hollywood, che per anni ha guadagnato miliardi di dollari raccontando storie di apocalisse, stavolta non può farlo.
Gli Studios sono fermi da settimane, decine di produzioni sono state congelate, la Hbo ha rinviato al prossimo autunno il lancio delle nuove serie previste per maggio, il festival del cinema Mammoth Lakes è stato spostato a settembre, la Warner Bros ha bloccato il lancio di “Wonder Woman 1984”. Fermo Joel Cohen con il suo “Macbeth” interpretato da Denzel Washington, con Frances McDormand nei panni di Lady Macbeth. Lavori sospesi per il sequel di Avatar, girato da James Cameron, le cui riprese erano cominciate in Nuova Zelanda. Il 13 marzo è stato chiuso “a tempo indeterminato" il set dell’ultimo film di Ridley Scott, “The Last Duel”, così come quello di Guillermo del Toro, “Nightmare Alley”, con Bradley Cooper e Cate Blanchett, mentre il 14 marzo sono state fermate le riprese del “Samaritano” di Sylvester Stallone.
Rinviate anche tre produzioni di Netflix, tra cui l’atteso “The Harder They Fall”, western con protagonisti solo neri, interpretato da Idris Elba, positivo al coronavirus, e Jonathan Majors, e il settimo film della saga “Mission: Impossible”, con Tom Cruise, che doveva essere girato in Italia. Stop anche per la tv, a cominciare dal popolare "America’s Got Talent" che veniva trasmesso dalla Nbc, "Grey’s Anatomy", "Law & Order" e "General Hospital".
La situazione di blocco o rinvio riguarda 59 produzioni televisive e 31 legate al sistema via cavo. Dietro lo schermo ci sono vite vere: migliaia di lavoratori sono stati lasciati a casa senza stipendio, la catena di cinema Amc ha dovuto sospendere tutti e 600 i componenti dello staff, incluso il Ceo, Adam Aron, e gran parte dei 26 mila lavoratori distribuiti nel Paese.
E’ un dramma nazionale, che va oltre Los Angeles. In tutti gli Stati Uniti cinema, televisione e streaming danno lavoro a 2,5 milioni di persone e a 93 mila piccole imprese, l’87 per cento delle quali conta fino a dieci dipendenti, a cui aggiungere collaboratori, professionisti a contratto, manovalanze part-time, nonché gli impiegati nei cinema. Questa situazione drammatica è destinata a durare a lungo: se Los Angeles non “riapre” non potrà farlo tutto il cinema americano che, spesso, coincide con quello mondiale. E le notizie sono sempre peggiori.
La scorsa settimana la città ha avviato il blocco di tutte le attività non essenziali e ordinato ai residenti di restare a casa, ma il contagio avanza: i morti sono saliti a 26, gli infettati a 1465, le previsioni indicano che, considerando l’ipotesi che un contagiato infetti in media due persone, alla fine quelle colpite dal virus nella sola contea di Los Angeles potrebbero arrivare a un milione. La situazione, dicono gli esperti, sarà simile a quella di New York, con scene mai viste prima, se non a Hollywood.