N on si può restare impassibili davanti al fascino del Red Carpet. O, se preferite, del tappeto rosso. Quando si parla di Hollywood, e di Oscar, è naturale volgere il pensiero a quella passerella che accoglie, passo dopo passo, le più importanti celebrità del mondo del cinema. Ma quel tappeto rosso, in realtà, non è affatto rosso. E ha una storia degna del miglior James Bond. A raccontarlo è il Los Angeles Times con un articolo dedicata all’azienda texana, la Signature Systems Group, che dal 2008 si occupa degli oltre 4mila metri quadrati di nylon che, ogni anno, vengono calpestati e fotografati. Un’azienda in continua espansione che si occupa anche di altri grandi eventi come il SuperBowl, i Golden Globe e i Grammy Awards.
Ma allora di che colore è?
È impossibile dirlo. È un colore unico com’è unica la serata degli Oscar. È simile al borgogna, certo, ma le sue caratteristiche specifiche restano sconosciute e nascoste al pubblico. Il motivo è semplice: dal 1961, data della sua prima comparsa, l’Academy vuole preservarne l’esclusività. E fa di tutto affinché non venga copiato o utilizzato in altri contesti. Il segreto, inoltre, contribuisce ad alimentarne la leggenda. Il Red Carpet oggi è parte integrante dello spettacolo, come le statuine, gli attori e i registi. C’è persino chi si collega fin dalle prime ore dell’evento solo per vedere cosa hanno scelto di indossare gli ospiti e discutere di vestiti e accessori.
Tutte le altre “particolarità” del tappeto
Ma le stranezze intorno al red carpet non finiscono qua. Anche la fabbrica dove viene realizzato è avvolta nel mistero. Ha un nome generico, “Carpet Capital of the World”, che si troverebbe a Dalton, in Georgia. Per installarlo, inoltre, è necessario ricorrere a una squadra di 18 persone. Pesa più di 400 chili. Come un alce maschio adulto. Per arrivare pronti al pomeriggio del 4 marzo, gli operai hanno iniziato a srotolarlo, lungo Hollywood Boulevard, molti giorni prima. E devono stare attenti al maltempo, alla polvere e a molti altri inconvenienti. Un totale di 900 ore di lavoro che ha previsto, tra le tante cose, la chiusura delle strade limitrofe e il ricorso a una massiccia forza di sicurezza. Il motivo? Fermare i curiosi e i turisti alla ricerca di un souvenir da portare a casa e, soprattutto, i furbetti alla ricerca di un “pezzo” capace di svelarne i segreti. Sì, perché ogni edizione ha il suo particolare red carpet.
Alla fine della serata, infatti, quando le luci si spengono e il sipario si chiude, anche il tappeto ha definitivamente terminato il suo compito. Il suo destino è quello di venire distrutto per lasciare spazio, anno dopo anno, a un’altra passerella carica di speranze e segreti. Unico e riconoscibile ma mai uguale. Come la serata degli Oscar.