È morto a Trevi a 67 anni, stroncato da un tumore, Ray Lovelock, uno degli attori simbolo del cinema di genere italiano. Nato a Roma nel 1950 da padre inglese e madre italiana, lavorò con alcuni dei più grandi maestri del poliziesco e dell’horror tricolore, da Fernando Di Leo a Lucio Fulci, da Umberto Lenzi a Giulio Questi. Fu proprio Questi che lo fece esordire sul grande schermo nel 1967, appena diciassettenne, in “Se sei vivo spara”, un tardo spaghetti western cruento e psichedelico con protagonista Tomas Milian, allora una delle principali maschere del filone.
Gli anni d'oro del poliziottesco
Nei suoi primi anni di carriera lavorerà con Lizzani (Banditi a Milano) e Monicelli (Toh, è morta la nonna!) ma sarà il cosiddetto “cinema bis” a consacrarlo: nel 1976 lo ritroviamo nel violentissimo “Milano odia: la polizia non può sparare”, considerato uno dei capolavori del “poliziottesco”, dove fa nuovamente di spalla a Milian, che dà il volto allo spietato criminale Giulio Sacchi. Rivedremo Lovelock in altri piccoli classici del poliziesco all’italiana, da “Squadra Volante” di Stelvio Massi a “Roma Violenta” di Franco Martinelli, da “L’avvocato della mala” di Alberto Marras al sottovalutato “Uomini si nasce, poliziotti si muore” di Ruggero Deodato, il regista del celebre “Cannibal Holocaust”. L’attore anglo-italiano attraversò però tutti i generi: dal thriller (“Macchie solari”) alla commedia sexy (“La vergine, il toro e il capricorno”), fino a prodotti inclassificabili come il controverso “Avere vent’anni” di Di Leo. Lavorò anche all’estero, in Spagna (“Non si deve profanare il sonno dei morti”) e negli Usa (“Cassandra Crossing”, forse una delle sue interpretazioni più note).
La carriera televisiva
Tramontata negli anni ’80 l’epoca d’oro dei b-movie, soppiantati dall’avvento delle televisioni private, Lovelock approderà al piccolo schermo, interpretando una lunga serie di sceneggiati, compreso il fortunatissimo “La Piovra”, senza disdegnare apparizioni a teatro. Appassionato di calcio e grande tifoso della Lazio, militerà anche nell’ItalianAttori. Anche il nuovo millennio lo trova attivissimo in televisione, in soap da prima serata come “Don Matteo” e “Incantesimo”, del quale interpretò tre stagioni. Gli ultimi anni lo videro tornare al cinema in “Barbara ed io” di Raffaele Esposito e “My Father Jack” di Tonino Zangardi, del 2016, che resta la sua ultima prova per il grande schermo. Ma per gli appassionati di cinema di genere resta la “faccia d’angelo” che faceva da contraltare alla brutale ghigna di Giulio Sacchi e al volto granitico del Commissario Betti.