D a Berlino al Burkina Faso, da Abuja a Milano passando Roma, dov’è stato presentato lo scorso 14 luglio al RomAfrica Film Festival (Raff), “Félicité” è stato accolto da critici e pubblico come una vera sorpresa. Il quarto lungometraggio di Alain Gomis, regista francese con origini senegalesi e della Guinea Bissau, arriva ad agosto nelle sale di cinema grazie alla Kitchen Film, società distributrice in Italia.
“Félicité” è stato il film più premiato all’Africa Movie Academy Award (Amaa), la maggiore kermesse del cinema continentale ad Abuja, in Nigeria e ha portato a casa ben sei titoli: miglior film, migliore attrice protagonista, miglior secondo attore, miglior film in lingua africana, migliora colonna sonora e miglior editing.
Lo scorso febbraio aveva già ottenuto l’Orso d’Argento al Gran Premio della Giuria alla Berlinale 2017 e lo Stallone d’Oro come miglior film al Fespaco, Festival del cinema di Ouagadougou, in Burkina Faso.
Opera sincera e toccante interpretata dalla protagonista esordiente Véronique Tshanda Beya, “Félicité” è un potente ritratto al femminile, uno spaccato di vita sociale nella caotica Kinshasa, capitale della Repubblica democratica del Congo, turbolente paese nel cuore della regione dei Grandi Laghi.
La regia di Gomis, che opta per primissimi piani, ci fa subito entrare a piedi pari nella vita della protagonista, ragazza-madre che cresce il figlio 14enne in una Kinshasa ostile. Forte, solitaria e fiera, di sera la donna lavora come cantante in un bar. Occhi, espressioni del volto e gestuale: le emozioni di Félicité sono sempre a fior di pelle e ti arrivano dritto, soprattutto quando canta. Una voce intensa e coinvolgente, parte integrante della raffinata colonna sonora del film, un viaggio alla scoperta della diversità musicale del Congo con le Kasai Allstars e l’Orchestre Symphonique.
In una vita veloce e violenta la musica è portatrice di armonia e bellezza. Nei lunghi momenti musicali del film di due ore il tempo viene come sospeso. Anche i problemi di Félicité sembrano dissolversi nelle note musicali. Il calvario vero e proprio comincia con il grave incidente di moto del figlio e il rischio che perda la gamba. Un racconto poco edificante del sistema sanitario congolese, caratterizzato da costi esorbitanti, trafile, disorganizzazione e figure professionali discutibili.
Tra determinazione e rassegnazione, Félicité, come farebbe ogni madre, percorre tutte le strade per trovare l’ingente somma di denaro richiesta dai medici per operare il figlio. Un’urgenza che la porterà ad incontrare Tabu (Papi Mpaka), un meccanico molto segnato dalla vita, con una netta inclinazione per l’alcool ma dal cuore d’oro.
Quando la lotta si fa troppo insopportabile e per uscire dal labirinto mentale di Kinshasa, Félicité mette le distanze con fughe oniriche che la portano in un’altra dimensione, nella quale predomina l’elemento acqua. Queste fughe possono essere lette come l’invisibile che si manifesta ogni giorno, ma anche come una vita parallela alla quale sembrava destinata. In effetti, scopriamo che all’età di due anni la protagonista era deceduta e si risvegliò durante la cerimonia funebre; dopo il miracolo la famiglia decise di ribattezzarla Félicité.
Oltre l’omaggio alla donna africana e a tutte le donne in generale, Gomis regala un film sulla vita, difficile ma bella in tutta la sua verità e autenticità. Il caffè dove canta Félicité potrebbe essere un locale qualsiasi in un posto qualsiasi, dove si incontrano e si scontrano varie umanità. Kinshasa diventa emblematica dei cambiamenti registrati nei centri urbani africani, carichi di contraddizioni, di un’umanità effervescente che sogna un altro quotidiano e fa di tutto per sbarcare il lunario.
Con “Félicité” l’attrice esordiente Véronique Tshanda Beya ha scritto una nuova pagina della sua vita. Dopo studi nella finanza, una formazione come estetista e parrucchiera, un’esperienza nel commercio di abbigliamento tra Africa e Cina, la Tshanda è capitata per caso nel mondo del cinema. Per una strana coincidenza nel marzo 2015 ha partecipato alle audizioni per il film tenute dal regista a Kinshasa. “All’inizio non ci capivo nulla. E’ stato Alain a spiegarmi tutto. Ho fatto le prove per più ruoli ma alla fine, dopo ben sei cast, ha scelto me, per la mia energia, non certamente per il mio curriculum cinematografico. Ho lavorato sodo con un coach e con una cantante. Mi sembra ancora tutto un sogno”, racconta la protagonista, impegnata da mesi nella promozione del film in Francia, Germania, Spagna e ora a Roma.
L’Italia ha scoperto Gomis a Venezia nel 2008 con “Andalucia”, nella selezione ufficiale delle Giornate degli Autori. Nel 2012 “Aujourd’hui” è stato applaudito al Festival del Cinema africano, d'Asia e America Latina di Milano, ricompensato col Premio del Pubblico.