O pere teatrali, documentari e inchieste, film per il grande schermo e la televisione, come sceneggiatrice e regista di uno spessore, tensione emotiva, profondità e sofisticata eleganza che non hanno uguali. Liliana Cavani è una icona nel panorama cinematografico internazionale, amata dal pubblico, dai grandi attori, come De Filippo e Mastroianni e dalle giurie che negli anni le hanno tributato più di un riconoscimento: l'ultimissimo (a settembre) è il premio Bresson, conferito dalla Fondazione Ente dello Spettacolo con il patrocinio della Segreteria per la Comunicazione della Santa Sede e del Pontificio Consiglio della Cultura, nell'ambito della 75esima edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia.
Liliana Cavani, con i suoi 85 anni (è nata a Carpi 12 gennaio del 1933) di esperienza e la sua sensibilità artistica, riesce a spaziare da un genere all'altro, a raccontare dalle atmosfere livide e decadenti di Vienna nel famoso "Il portiere di notte" con la relazione morbosa tra un'ebrea sopravvissuta al campo di concentramento e il suo aguzzino a quelle fantastiche di "Ali' Babà e i quaranta ladroni", che con la sua regia ha debuttato al Teatro alla Scala lo scorso 1 settembre. L'abbiamo incontrata, con la sua energia contagiosa, i capelli corti, pantaloni di lino e camicia bianca. In una intervista all'Agi lancia una sorta di appello al governo, attuale e futuro che sia, affinché punti sulla cultura, sulla formazione, in una parola, sulla scuola.
Cosa ne pensa della cultura nel nostro Paese?
"Bisogna credere nella scuola, prenderla sul serio. Ma nessuno se ne occupa. Il successo di un Paese dipende da questo. Altrimenti quelli piu' 'armati' si prederanno tutto. Tutti battagliano ma non pensano che la prima cosa per diventare qualcuno, per portare a casa il denaro per la famiglia, è un mestiere, un lavoro. Che richiede preparazione, conoscenza dei propri diritti e limiti".
Dunque sarebbe il primo settore su cui investire?
"Si vuole investire in ricchezza? Bene, allora si investa nella scuola, nei centri scientifici, negli istituti dopo l'università. Investire in tutti i rami del sapere, dalla matematica alla fisica"
E non le sembra che il governo stia andando in questa direzione?
"No, assolutamente. Il 'nuovo' governo dobbiamo ancora vederlo in azione. Ma comunque fino a oggi nessuno si è concentrato sulla scuola. Ho letto il libretto della Costituzione italiana quando sono stata consigliera della Rai. Ed era il 1996, un po' tardi. Vorrei sapere se oggi va meglio, se i ragazzi a scuola la imparano. In fondo è un librino così, ed è importantissimo. Non c'è attenzione all'istruzione, come se non riguardasse nessuno. È cosi' da anni, basta assistere alle battaglie tra genitori e professori. Ma vogliamo difenderla questa scuola? Dobbiamo 'pretendere' che sia formativa e di qualità e però 'dare' perché sia importante".
C'è più attenzione negli altri paesi?
"Mah, mi meraviglio che l'Europa non ponga al centro la cultura, soprattutto la cultura. Non se ne parla abbastanza".
In passato le cose erano diverse, in meglio?
"Se penso a quando ho fatto il liceo classico a Modena, eravamo in 18 nella mia aula, c'erano bravissimi professori. Sa che ho saltato il terzo anno perché oramai sapevo il greco e il latino a un livello tale da poter andare a fare l'esame di maturità? Siccome avevo 2 anni in più della media, perché avevo perso tempo in altre scuole, sono andata a fare l'esame e sono stata promossa a giugno alla pari di quelli che avevano fatto i 3 anni di liceo dopo il ginnasio. Io ne ho fatto solo 2. E' il motivo è che la scuola era buona. Il liceo classico di Modena era buono. Non so degli altri, ma da quello che si sente e vede si ha l'impressione che la scuola oggi sia un problema. Un problema che non risolve nessuno".