"Questo libro è stata una necessità e anche una terapia perché volevo scrivere e non ci riuscivo. Grazie a tutti, senza di voi non ce l’avrei fatta“. Così, incespicando qua e là con le parole ("la mia logopedista in sala ora si arrabbierà, ma è soltanto colpa dell'emozione”) Andrea Vianello ha preso la parola all'Auditorium del museo Maxxi di Roma dove, registrando il tutto esaurito, tra applausi scroscianti e commozione è andata in scena la prima presentazione pubblica di 'Ogni parola che sapevo' (Mondadori) il toccante libro con cui il celebre giornalista Rai ed ex direttore di Raitre racconta con drammatica ironia l'ictus che lo ha colpito quasi un anno fa: dal malore in casa all'operazione che lo ha salvato dalla morte passando per la perdita delle parole, il loro ritrovamento e la rinascita da uomo nuovo.
Sul palco insieme a lui il neodirettore di Raiuno Stefano Coletta, il direttore di Rai Radio3 Marino Sinibaldi la scrittrice Simona Sparaco, Francesco Siciliano che ha regalato al pubblico emozionanti letture dei vari capitoli strappando lacrime di commozione al pubblico, e la presidente della fondazione Maxxi Giovanna Melandri che ha introdotto la presentazione definendo il libro "un regalo di Andrea che ci impone di ragionare su chi siamo, perché le malattie ci possono aiutare a ritrovare un sé più profondo".
In platea per la festa all’amico ritrovato (tanti quelli in fila che non sono riusciti a entrare, tanti quelli in piedi) molto mondo dello spettacolo, della politica, della cultura: al Maxxi c’era mezza Rai nuova e vecchia, da Tinny Andreatta a Mario Orfeo, Alberto Matano, Andrea Montanari e Luigi Gubitosi, e poi le coppie della politica Francesco Boccia e Nunzia De Girolamo, Fausto e Lella Bertinotti, Marianna Madia e, tra gli altri, la produttrice Matilde Bernabei, Marco Tardelli e Myrta Merlino, Giovanni Floris, Pif oltre ai tanti amici di Vianello, compresi quelli della chat del suo Milan, i medici del Policlinico Umberto I che lo hanno salvato e gli addetti alla sua riabilitazione al Santa Lucia.
"Se oggi sono vivo è perché nella sanità pubblica ho trovato delle grandi eccellenze, ricordiamocelo" ha concluso Vianello tra gli applausi chiedendo che la parola ictus non sia più considerata un tabù: "Abbiamo superato quello del tumore, che una volta non veniva nominato e si definiva male incurabile, ma l'ictus fa ancora molta paura. E invece si può prevenire e curare, se non guarire. E poi l'ictus mi ha aiutato a capire le priorità della vita, la famiglia, gli amici, il lavoro, la stupidità del perdere tempo dietro alle cretinate. Spero di ricordarmene per sempre“.
Il giornalista, raccontando di essere già diventato un punto di riferimento per chi come lui è stato colpito da un ictus (“mi scrivono in tanti”), ha approfittato del palcoscenico per lanciare quella che ha definito una sua “battaglia civile” per una campagna informativa contro i rischi delle manipolazioni al collo: “Non soffrivo di pressione alta e il mio colesterolo era a posto. Ma due giorni prima del mio ictus mi ero sottoposto a delle manipolazioni al collo da un osteopata e i neurochirurghi con cui ho parlato mi hanno spiegato che la dissecazione della carotide può avvenire anche per un trauma di questo genere. Ci sono dei rischi? A quanto pare sì. In pochi però ne sono a conoscenza e questo è sbagliato” ha chiarito facendosi promotore di un battage informativo sui cosiddetti “scrocchiamenti” del collo: “Non sto parlando di massaggi vari, ma soltanto delle manovre al collo. Io nel passato ho condotto “Mi manda Raitre” e questo sarebbe un tema che affronterei ancora”.