"Approvate il testo della legge costituzionale concernente 'disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte seconda della Costituzione', approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta ufficiale numero 88 del 15 aprile 2016?." Questo il quesito referendario che i cittadini troveranno nella scheda domenica 4 dicembre. Si vota barrando la casella del Sì oppure quella del No. Una formulazione che ha sollevato le dure critiche delle opposizioni, che hanno accusato il governo di dare un'indicazione precisa agli elettori a favore del Sì. Eppure, il quesito risponde alle prescrizioni di legge. E precisamente, a determinare come deve essere sviluppato il quesito è la legge 352 del 1970, "norme sui referendum previsti dalla Costituzione e sulla iniziativa legislativa del popolo", che all'articolo 16 stabilisce: il quesito sulla scheda deve riprendere il titolo della riforma, così come pubblicato in Gazzetta Ufficiale. Diverse furono le formulazioni dei quesiti degli ultimi referendum costituzionali: più concise e senza l'elenco delle principali norme contenute nella legge di revisione costituzionale. Ma ciò fu determinato dal titolo stesso che fu dato alle rispettive riforme. I precedenti più ravvicinati sono due referendum costituzionali, quello che si è svolto nel 2006 sulla riforma del governo Berlusconi, la cosiddetta 'Devolution', e quello che si svolse nel 2001 per la riforma del Titolo V fatta dal centrosinistra. Nel 2001 il referendum si svolse in un'unica giornata, il 7 ottobre. Nel 2006, invece, la consultazione popolare occupò due giorni, domenica 25 e lunedì 26 giugno. Il referendum sarà valido a prescindere dal numero dei votanti. Nel referendum confermativo, detto anche costituzionale, infatti, non è previsto alcun quorum, ossia si procede al conteggio dei voti validamente espressi indipendentemente se abbia partecipato o meno alla consultazione la maggioranza degli aventi diritto, a differenza di quanto previsto per il referendum abrogativo.