Basta un poco di aptamero e il Sars-CoV2 non entra più! Sembra il ritornello di una vecchia canzone, invece sintetizza una storia vera che parla italiano e racconta una scoperta che ho fatto insieme a due autorevoli colleghi: Paolo Ciana, Professore di Farmacologia del Dipartimento di Scienza della Salute dell’Università di Milano e Angelo Reggiani, Ricercatore Senior e Principal Investigator in Farmacologia dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova.
Nei primi mesi del primo lockdown, quando eravamo tutti serrati in casa per cercare di limitare il rapido contagio di un coronavirus che iniziavamo a conoscere nelle Terapie Intensive, la ricerca non si è mai fermata e noi, come gli altri ricercatori della Comunità Scientifica Internazionale, abbiamo sospeso ciò che stavamo facendo per dedicarci al problema pandemico con i mezzi disponibili.
Un problema che la comunità scientifica internazionale ha subito deciso di affrontare focalizzandosi sul coronavirus: prima attraverso il test poco fortunato di farmaci antivirali già esistenti sul mercato, poi mettendo a disposizione il potenziale terapeutico del siero ricco di anticorpi anti-SarsCoV2 isolato dai pazienti guariti dalla malattia e, infine, sviluppando in parallelo un vaccino anti-Sars-CoV2, che oggi ci permette di convivere con il virus pur tenendo alta la guardia sulle sue varianti.
Noi tre abbiamo deciso di percorrere un’altra strada mirando ad ACE2, l’unica porta a oggi conosciuta che il coronavirus utilizza per entrare nelle nostre cellule, inizialmente quelle delle vie aeree. ACE2 è una grande proteina di membrana che possiede una propria attività enzimatica molto utile per degradare in angiotensina-(1-7) l’angiotensina 2, un ormone proteico importante per il nostro apparato cardiovascolare e renale che, però, ad alte concentrazioni danneggia il nostro endotelio e potrebbe mettere a rischio i corretto funzionamento di organi vitali. Erano tempi in cui alcuni proponevano erroneamente di sospendere farmaci anti-ipertensivi, come gli ACE inibitori, poiché favorivano un aumento di espressione di ACE2. Altri affermavano che era un falso problema perché dopo l’infezione iniziale da SARS-CoV-2, la concentrazione di ACE2 sembrava addirittura diminuire. Ma com’era possibile che ciò accadesse visto che il virus per sopravvivere deve entrare nella cellula e utilizza ACE2 per farlo? Infatti, il coronavirus non può vivere di vita propria senza infettare le cellule. Pertanto, mentre i ricercatori continuavano a studiare il problema dell’infezione da un punto di vista virale, per noi ACE2 restava l’obiettivo principale. Era molto importante per noi poter riuscire a rendere inaccessibile al virus il residuo K353 che corrisponde alla regione di ACE2 cui si lega l’amminoacido N501 della proteina spike virale.
Per farlo in modo efficace, a minor rischio di effetti collaterali, abbiamo pensato di utilizzare un aptamero a DNA, un filamento corto di DNA capace di legarsi ad una proteina in modo specifico senza irritare il sistema immunitario. Tra milioni e milioni di aptameri selezionati con un approccio bioinformatico siamo riusciti ad isolarne due capaci di legarsi ad alta affinità a K353 rendendolo ACE2 invisibile al virus. Una vera mascherina per la cellula che impedisce al virus di infettarla senza però ostacolare la funzione di ACE2, che continua a svolgere le sue funzioni.
L’originalità dell’idea è stata già brevettata dalle tre Istituzioni e i risultati di questo primo studio sono stati pubblicati su Pharmacological Research, una rivista scientifica internazionale che utilizza il metodo della revisione tra pari cioè lo studio viene analizzato e valutato da altri scienziati anonimi prima che i dati vengano considerati comunicabili alla comunità scientifica internazionale.
Perché la scoperta diventi un farmaco per tutti avremo bisogno ancora di ricerca per validare la formulazione migliore che risulti più efficace dopo somministrazione in vivo e per testare la dose efficace che si confermi essere anche poco tossica per l’uomo. Come per ogni farmaco, anche in questo caso, il piano di sviluppo richiederà passaggi obbligati fino a giungere agli enti regolatori. In questa fase, gli investitori saranno necessari per rendere più rapido lo sviluppo dell’aptamero così da poterne verificare la sua reale efficacia su larga scala.