AGI - I salmoni rappresentano un canale di diffusione dell'inquinamento umano. E' quanto emerge da uno studio guidato dall'Università del Connecticut e pubblicato su 'Nature'. Quando i salmoni del Pacifico lasciano l'oceano e tornano ai loro fiumi e corsi d'acqua natali per deporre le uova, si tratta di un viaggio di sola andata. Dopo la riproduzione, muoiono in massa. Man mano che i loro corpi vengono mangiati da altre specie o si decompongono, forniscono nutrienti come azoto e fosforo agli ecosistemi delle loro zone di riproduzione, ma, sfortunatamente, portano con sé anche contaminanti tossici di origine umana.
I ricercatori da anni sospettavano che il salmone potesse fungere da navetta per gli inquinanti, afferma Jessica Brandt, ecologa degli ecosistemi presso l'Università del Connecticut e autrice del nuovo studio. I pesci accumulano contaminanti chimici come mercurio e bifenili policlorurati (Pcb) nei loro tessuti mentre vivono e crescono in mare, ma fino ad ora non era chiaro in che misura venissero trasportati questi contaminanti e con quale impatto.
La Brandt e i suoi colleghi hanno raccolto dati da studi pubblicati in precedenza e sulle migrazioni di cinque tipi di salmoni del Pacifico (rosa, coho, chum, sockeye e chinook) nei corsi d'acqua del Nord America dal 1976 al 2015, calcolando l'abbondanza e la biomassa di ciascuna specie.
Per scoprire la concentrazione di nutrienti e contaminanti nei tessuti dei pesci, i ricercatori si sono rivolti a 363 stime da altri studi dello stesso periodo che misuravano nutrienti benefici tra cui acidi grassi omega-3 e azoto, così come quattro contaminanti introdotti da rifiuti industriali, prodotti di consumo e pesticidi, come Pcb, mercurio, diclorodifeniltricloroetani ed eteri di difenile polibromurati.
I ricercatori hanno scoperto che nel periodo di circa 40 anni, la biomassa dei salmoni che hanno risalito i fiumi è aumentata del 32 per cento, ovvero circa 75mila tonnellate. Inoltre, la quantità di nutrienti e contaminanti che risalgono a monte è cresciuta rispettivamente del 30 per cento e del 20 per cento. Ogni anno il salmone rilascia circa 7 chilogrammi di mercurio sparsi tra i corsi d'acqua che vanno dall'Alaska alla California.
Potrebbe non sembrare una quantità allarmante, ma non serve molta contaminazione da mercurio per potenzialmente sconvolgere delicati ecosistemi. Ad esempio, per le aquile calve che predano i pesci che vivono in queste acque, il team calcola che mangiare una piccola quantità di mercurio potrebbe avvelenare gli uccelli e mettere in pericolo i loro nidiacei.
Tuttavia, tutto sommato, il ritorno del salmone potrebbe comunque fornire un beneficio netto agli animali che se ne cibano hanno scoperto Brandt e colleghi, portando con se' abbastanza nutrienti da controbilanciare i potenziali svantaggi degli inquinanti. L'avvertenza, afferma Brandt, è che il compromesso tra rischio e ricompensa dipenderà da quanto salmone viene mangiato e di quale specie.