AGI - Per la prima volta in 3.500 anni è possibile vedere il vero volto di un'antica mummia egizia, dopo che gli scienziati ne hanno ricostruito le sembianze. Nota come la 'Donna Urlante', la mummia fu ritrovata nel 1935 a Deir Elbahari, in Egitto, nella tomba di famiglia dell'architetto reale Senmut. Fatto insolito per una mummia, i suoi organi furono lasciati all'interno, tanto che per lungo tempo si pensò che la sua bocca fosse stata lasciata aperta da imbalsamatori poco attenti. Ma dopo che uno studio recente ha rivelato che la causa della sua espressione contorta era una morte dolorosa, gli scienziati hanno deciso di ricostruire il suo volto 'da vivà.
Cicero Moraes, l'esperto di grafica brasiliano che ha curato la ricostruzione, ha affermato che il risultato finale, pubblicato sulla rivista OrtogOnLineMag, è "un volto gradevole" realizzato combinando diversi approcci: "Ho utilizzato una tecnica che combina elementi delle scuole tradizionali di ricostruzione facciale con nuovi approcci basati sui dati di scansione TC di persone viventi".
"Queste proiezioni - spiega - ci permettono di scoprire i limiti spaziali di strutture come l'orecchio, gli occhi, il naso, la bocca e simili. Inoltre, alcune strutture vengono tracciate anche di profilo, come il naso e la faccia laterale. I dati sono stati completati dalla tecnica di deformazione anatomica, in cui la testa di un donatore digitale virtuale viene adattata al cranio per creare un'approssimazione. In genere, esiste una compatibilità tra tutti i dati, con piccole differenze, quindi il risultato finale è un'interpolazione di tutte le informazioni".
Moraes ha creato diverse versioni del volto. Una è oggettiva, con gli occhi chiusi e in scala di grigi, per evitare di esprimere giudizi sul tono della pelle o sul colore degli occhi. Un'altra è più soggettiva e mostra la donna come sarebbe potuta apparire in vita, a colori, con indosso la parrucca con cui fu sepolta. E una terza cattura il suo urlo, rivelando come avrebbe potuto apparire quando fu sepolta per la prima volta.
Moraes sa che la scelta del tono della pelle potrebbe rivelarsi controversa nelle ultime rappresentazioni.
"La questione del colore della pelle degli antichi egizi è fonte di molte controversie, con una discussione che si sposta dall'ambito scientifico a quello culturale e politico", ammette: "Per evitare questi problemi, ho cercato un approccio basato su pubblicazioni sull'argomento, dati raccolti da studi su gruppi locali e sull'arte egizia antica".
Sahar Saleem dell'Università del Cairo, autrice principale del recente studio sulla 'Donna urlante', ha attribuito l'espressione di dolore della mummia a uno spasmo cadaverico.
"È stata imbalsamata con costosi materiali per l'imbalsamazione importati", assicura Saleem: "Questo, insieme all'aspetto ben conservato della mummia, contraddice la credenza tradizionale secondo cui la mancata rimozione degli organi interni implicava una mummificazione scadente. L'espressione facciale urlante della mummia in questo studio - continua - potrebbe essere interpretata come uno spasmo cadaverico, il che implica che la donna sia morta urlando di agonia o dolore".
Questa 'Donna urlante' mummificata è una vera e propria "capsula del tempo" del modo in cui mori' e svela alcuni dei segreti della mummificazione. La causa della sua dolorosa morte, tuttavia, non è nota. Utilizzando la spettroscopia infrarossa a trasformata di Fourier sui resti, Saleem e i suoi colleghi hanno scoperto che il corpo è stato imbalsamato con ginepro e incenso. Si tratta di ingredienti costosi: il ginepro veniva importato dal Mediterraneo orientale, l'incenso dall'Africa orientale o dall'Arabia meridionale. La mummia indossa anche una parrucca fatta di fibre di palma da datteri, trattate con cristalli di quarzo, magnetite e albite. Secondo i ricercatori, questo serviva probabilmente a irrigidire i capelli e a renderli neri, un colore che gli antichi Egizi ritenevano rappresentasse la giovinezza.
"Ho avuto l'opportunità di leggere l'articolo pubblicato da Saleem e El-Merghani, che hanno fornito i dati dettagliati della scoperta, con licenza Creative Commons", racconta Moraes. "E ho deciso di fare la mia parte dando un volto alla scoperta".