AGI - Contrariamente a quanto si credeva finora, i polinesiani che raggiunsero Rapa Nui, comunemente nota come l’Isola di Pasqua, potrebbero aver trovato il modo di far fronte ai rigidi limiti dell’isola, mantenendo per secoli una popolazione piccola e stabile. A sfidare la credenza comune uno studio, pubblicato sulla rivista Science Advances, condotto dagli scienziati della Columbia Climate School e della Binghamton University. Il team, guidato da Dylan Davis, ha esaminato un inventario di ‘giardini rocciosi’ recentemente scoperto, dove gli isolani coltivavano patate dolci.
Finora, spiegano gli esperti, si credeva che il piccolo gruppo di polinesiani che approdò su Rapa Nui si espanse velocemente, portando al collasso le risorse dell’isola e provocando un ‘ecocidio’. Secondo il nuovo lavoro, però, la popolazione dell’Isola di Pasqua non raggiunse mai livelli insostenibili, ma si adattò alle condizioni fondando una civiltà piccola e stabile.
“La nostra indagine – afferma Davis – suggerisce che gli abitanti di Rapa Nui non avrebbero potuto raggiungere la presenza così massiccia come precedentemente ipotizzato. In realtà, le persone sembrano aver dimostrato resilienza di fronte alle risorse limitate della regione”. L’Isola di Pasqua è probabilmente il luogo abitato più remoto della Terra, con la massa continentale più vicina, il Cile, a quasi 3500 chilometri di distanza. Costituita interamente da roccia vulcanica, Rapa Nui copre un’area di 163 chilometri quadrati, caratterizzati da particolari difficoltà che complicano la possibilità di pesca, allevamento e agricoltura.
Per far fronte alle criticità del luogo, gli abitanti avevano usato la tecnica chiamata giardinaggio roccioso o pacciamatura litica, che consiste nello spargere rocce sulle superfici basse, almeno in parte protette dalla nebbia salina e dal vento. Questo lavoro ha dimostrato che le insenature delle rocce, all’interno delle quali venivano coltivate le patate dolci, potevano interrompere i venti secchi e creare flussi d’aria turbolenti, riducendo le temperature superficiali diurne più elevate e aumentando quelle notturne più basse.
Alcuni isolani utilizzano ancora gli orti, ma nonostante tutto questo lavoro, la loro produttività è marginale. La tecnica descritta nell’articolo è stata utilizzata anche dagli indigeni della Nuova Zelanda, delle Isole Canarie e del sud-ovest degli Stati Uniti. Ricerche precedenti avevano ipotizzato picchi di 25 mila abitanti sull’Isola di Pasqua, che oggi ne conta quasi ottomila, con oltre 100 mila turisti ogni anno. Nel nuovo lavoro, gli autori hanno stabilito che i giardini rocciosi occupavano meno dello 0,5 per cento della superficie dell’isola, per cui, se l’alimentazione della popolazione fosse stata basata interamente sulle patate dolci, non avrebbe potuto sostenere più di duemila persone.
Le analisi degli isotopi rinvenuti nei resti ossei indica che i polinesiani ottenevano dal 35 al 45 per cento dei nutrienti da fonti marine, per cui gli scienziati hanno dedotto che il carico massimo della popolazione fosse intorno ai 3000 individui. “Sopravvivere nelle zone subtropicali più aride di Rapa Nui – concludono gli scienziati – è stata una vera sfida. Questo lavoro fornisce l’opportunità di documentare meglio la natura e la portata delle strategie umane di adattamento”.