AGI - I neonati e i bambini di età inferiore a cinque anni hanno sperimentato dei piccoli ritardi, modesti ma significativi, nelle tappe fondamentali dello sviluppo, a causa delle restrizioni imposte dalla pandemia Covid-19. Questo ambivalente risultato emerge da uno studio, pubblicato sul Journal of American Medical Association Pediatrics, condotto dagli scienziati del Johns Hopkins Children’s Center.
Il team, guidato da Sara Johnson, ha esaminato i possibili collegamenti tra i punteggi di screening delle tappe dello sviluppo e le limitazioni dovute alla pandemia. I dati, ottenuti nell’ambito del Comprehensive Health and Decision Information System (CHADIS), si basano sulle informazioni raccolte da oltre 5.000 studi pediatrici e operatori sanitari in 48 stati americani.
“Sebbene siano emersi dei piccoli cambiamenti – commenta Johnson – i ritardi nelle tappe fondamentali dello sviluppo non sono così rilevanti. Sappiamo che la diffusione del nuovo coronavirus ha sconvolto la vita di moltissime persone, ed è importante capire come queste alterazioni si siano ripercosse sui bambini”.
La maggior parte dei piccoli pazienti ha sperimentato un aumento dello stress, dell’ansia e dell’isolamento sociale, a causa dell’impossibilità di svolgere le normali attività quotidiane. Studi precedenti avevano ipotizzato conseguenze sul sonno e sul rischio di obesità infantile, ma gli effetti della pandemia erano rimasti piuttosto nebulosi. Nell’ambito del lavoro, gli esperti hanno considerato lo stato fondamentale dello sviluppo di 50.205 bambini di età compresa tra 0 e 5 anni.
Confrontando i dati raccolti prima e dopo la pandemia, gli studiosi hanno riscontrato un calo del tre per cento nelle capacità di comunicazione e due per cento in ambito di risoluzione dei problemi e nella sfera sociale. Non sono emerse differenze per quanto riguarda le abilità motorie. Tra 0 e 12 mesi, inoltre, gli autori non hanno notato riduzioni nello sviluppo relativo alla sfera sociale, ma i valori per gli altri due aspetti erano sovrapponibili.
“Non ci aspettavamo dati simili per bambini e neonati – riporta Johnson – e abbiamo anche scoperto che le preoccupazioni e lo stress genitoriale non è aumentato di molto durante il periodo di restrizioni. In linea di massima, questi risultati sono rassicuranti, ma le implicazioni a lungo termine dello sviluppo infantile restano poco chiare”.
Il gruppo di ricerca precisa che nell’ambito del lavoro non sono stati presi in considerazione altri fattori di stress, come l’abuso di sostanze da parte delle madri durante la gravidanza. L’analisi non ha inoltre tenuto conto delle nascite premature, per cui gli impatti sullo sviluppo di questo sottogruppo potrebbero essere sottostimati. “Speriamo che il nostro lavoro – conclude l’autrice – possa contribuire alla pianificazione di interventi mirati per le future situazioni emergenziali, che tengano conto dei bisogni dei più piccoli”.