AGI - Una persona su cinquanta che vive in due dozzine di città costiere degli Stati Uniti potrebbe subire inondazioni significative entro il 2050. A lanciare l’allarme una ricerca condotta dal Virginia Tech, pubblicata sulla rivista Nature. Lo studio ha combinato le misurazioni satellitari relative allo sprofondamento del terreno, noto anche come subsidenza, con le proiezioni dell’innalzamento del livello del mare e i grafici delle maree, per fornire uno sguardo completo sul potenziale di inondazioni in 32 città lungo le coste dell’Atlantico, del Pacifico e del Golfo. I ricercatori prevedono che nei prossimi tre decenni potrebbero essere colpite ben 500.000 persone, oltre a un potenziale 1 su 35 proprietà private danneggiate dalle inondazioni. Lo studio riporta anche i dati demografici etnici e socioeconomici delle persone potenzialmente colpite.
“Una delle sfide del comunicare la questione dell’innalzamento del livello del mare e della subsidenza del terreno, in generale, è che spesso sembra un problema a lungo termine, come qualcosa i cui impatti si manifesteranno solo alla fine del secolo, cosa che a molte persone potrebbe non interessare”, ha detto Leonard Ohenhen, studente laureato che lavora con il professore associato, Manoochehr Shirzaei, presso l’Earth Observation and Innovation Lab del Virginia Tech. “Quello che abbiamo fatto qui è stato focalizzare l’immagine sul breve termine, a soli 26 anni da oggi”, ha continuato Shirzaei che è anche l’autore principale. Secondo le stime, altri aumenti rispetto alle stime attuali includono: tra le 500 e le 700 miglia quadrate di terra in più inondate; da 176.000 a 518.000 persone colpite in più; da 94.000 a 288.000 proprietà in più esposte, per un valore stimato da 32 a 109 miliardi di dollari.
“L’intero scopo di questo documento è fornire dati a supporto delle decisioni future - ha affermato Shirzaei -. Ogni città e ogni contea ha un piano di resilienza alle inondazioni. Sono obbligati per legge a crearlo. Ma è probabile che nessuno abbia ricevuto il quadro completo fino a questo studio, che crea probabilmente il primo scenario completo di ciò che accadrà in un futuro non troppo lontano”.
“Lo studio dimostra che ora possiamo misurare il movimento verticale del terreno a una scala sufficiente per creare un servizio climatico utile a supportare le decisioni di pianificazione e gestione delle inondazioni”, ha dichiarato Robert J. Nicholls, del Tyndall Centre for Climate Change Research dell’Università dell’East Anglia, Regno Unito. “Questo approccio ha il potenziale per essere applicato in qualsiasi città del mondo, supportando realmente l’adattamento”, ha osservato Nicholls. Utilizzando punti di dati altamente precisi, misurati da satelliti radar spaziali, Shirzaei e il suo gruppo di ricerca hanno costruito alcune delle prime rappresentazioni ad alta risoluzione della subsidenza del terreno, lungo la costa degli interi Stati Uniti. Il loro lavoro ha già rivelato che alcune regioni della costa atlantica stanno affondando di ben 5 millimetri all’anno. I risultati mostrano che 24 delle 32 città costiere stanno attualmente sprofondando di oltre 2 millimetri all’anno e che la metà di queste ha aree che sprofondano più di quanto i mari globali stiano aumentando. “Questi numeri potrebbero sembrare piccoli, ma se combinati con l’innalzamento del livello del mare nel corso del tempo sono lo specchio di di un cambiamento piuttosto significativo - ha notato Ohenhen -. L’analogia che ho trovato davvero utile per aiutare le persone a comprendere questo cambiamento è quella di pensare a una barca che affonda. Nel fenomeno della subsidenza del terreno, anche un impercettibile cedimento millimetrico del terreno aggrava i rischi costieri esistenti”, ha specificato.
Oltre alle nuove proiezioni sulle inondazioni, lo studio ha anche rivelato che le 32 città hanno complessivamente 131 strutture di controllo delle inondazioni, come argini, berme o dighe, di cui il 50% di queste si trova sulla costa della California e solo tre delle 11 città della costa atlantica studiate mantengono argini o muri di contenimento. “Quando abbiamo analizzato la situazione in generale, abbiamo scoperto che c’è una generale mancanza di apprezzamento per la protezione dalle inondazioni, in particolare sulla costa atlantica - ha spiegato Ohenhen -. E, nell’area persino gli argini spesso proteggono meno del 10% della città, rispetto ad altre città sulla costa del Pacifico o del Golfo, dove la protezione raggiunge il 70%”. Un dato interessante dello studio è la considerazione dei dati demografici etnici e socioeconomici relativi alle aree potenzialmente interessate. In alcune città esaminate, in particolare quelle lungo la costa del Golfo, la potenziale maggiore esposizione è ricaduta in modo sproporzionato sulle minoranze etniche. In altre città, le proprietà soggette a una maggiore esposizione sono risultate generalmente di valore inferiore, rispetto al valore mediano della zona. In alcune città, in particolare New Orleans e Port Arthur, in Texas, questi due dati demografici si intersecano, mostrando che le aree a maggior rischio potenziale sono occupate in modo sproporzionato da persone di colore che si trovano anche in una situazione di svantaggio economico rispetto alla città nel suo complesso. “Questa è stata la parte più sorprendente dello studio - ha sottolineato Ohenhen -. Abbiamo riscontrato una disuguaglianza razziale ed economica in quelle aree, con una sovrarappresentazione di gruppi storicamente emarginati potenzialmente colpiti e proprietà di valore significativamente inferiore rispetto al resto delle città. Questo moltiplica davvero il possibile impatto su quelle aree e sulla loro capacità di riprendersi da un’alluvione significativa”.
“Lo studio fornisce il quadro più chiaro delle potenziali inondazioni fino ad oggi e deve servire da monito per lo sviluppo di azioni da parte dei responsabili politici di quelle aree”, ha concluso Shirzaei.