AGI - La difficoltà di reperire i dati raccolti dalle stazioni di monitoraggio situate in Russia potrebbe incrementare la distorsione delle informazioni. Lo suggerisce uno studio, pubblicato sulla rivista Nature Climate Change, condotto dagli scienziati dell’Università di Aarhus, in Danimarca. Il team, guidato da Efrén López-Blanco, ha valutato i potenziali impatti legati alla mancanza dei dati provenienti dalle stazioni artiche in Russia.
Le temperature medie in Artico, spiegano gli esperti, stanno aumentando a un ritmo da due a quattro volte superiore rispetto al tasso medio globale, con conseguenze che potrebbero ripercuotersi sugli ecosistemi di tutto il mondo. Una comprensione puntuale dei cambiamenti climatici nelle regioni polari dipende anche dalla completezza delle misurazioni ottenute dalle stazioni di ricerca e dai siti di monitoraggio.
A causa della guerra, però, la condivisione delle informazioni è stata interrotta, provocando vuoti di conoscenza nella situazione attuale. Il gruppo di ricerca ha utilizzato i dati estratti dai siti INTERACT, che formano una rete internazionale di stazioni di ricerca artica. Gli scienziati hanno quantificato il potenziale impatto dell’esclusione dei siti russi sulla percezione dei cambiamenti climatici che interessano la regione artica.
Tra i parametri presi in considerazione, gli studiosi riportano temperatura media annuale dell’aria, precipitazioni totali, profondità della neve, umidità del suolo, biomassa vegetale, carbonio del suolo, produttività primaria netta e respirazione eterotrofica. La mancanza di alcune stazioni, riportano i ricercatori, sembra esacerbare ulteriormente la difficoltà di ricostruire un quadro puntuale della situazione artica. Ad esempio, la vasta foresta della taiga della Siberia non risulta inclusa nei modelli di previsione in caso di assenza di dati da parte dei siti di monitoraggio russi.
Questo lavoro, commentano gli esperti, evidenzia la crescente difficoltà nel quantificare i cambiamenti attuali e futuri nelle regioni polari. Allo stesso tempo, concludono gli scienziati, questi risultati indicano una lacuna preesistente nelle conoscenze utilizzate per monitorare le condizioni nell’Artico e il peggioramento della situazione a causa della guerra.