AGI - "Esiste un numero infinito di mondi, alcuni simili al nostro, altri diversi. Specie viventi, piante o altre cose visibili potrebbero esistere in certi mondi e non in altri". Parola di Epicuro. L'astronomia è la scienza più antica e, quando in Grecia nacque la filosofia, gli interrogativi che dai primordi agitano l'uomo che volga lo sguardo alla volta celeste assunsero struttura e problematicità. Interrogativi che allora si posero anche Leucippo e Democrito e non ci abbandonarono né nel Medioevo, con Sant'Alberto Magno ("Esistono più mondi o ce n'è uno solo?"), né all'alba dell'era moderna, con Giordano Bruno, il cui rogo arse dieci anni prima che Galileo scoprisse le lune di Giove.
Quasi quattro secoli dopo, l'osservatorio di Losanna fu teatro di un'altra rivoluzione scientifica. L'avanzatissimo spettrografo costruito da Michel Mayor e dal suo dottorando Didier Queloz consentì di rilevare le variazioni della velocità della stella 51 Pegasi, nella costellazione di Pegaso, con una precisione tale da permettere di identificare la presenza di un oggetto che girava intorno alla subgigante gialla in 4,2 giorni. Era il 1994.
Solo un anno dopo i due scienziati ebbero la sicurezza sufficiente per poter annunciare al mondo la clamorosa scoperta che nel 2019 sarebbe valsa loro il Nobel per la fisica: il primo pianeta esterno al sistema solare mai osservato dall'uomo. Da 2.500 anni si teorizzava l'esistenza di esopianeti. Ma solo allora se ne ebbe la certezza. Una pietra miliare della storia dell'astronomia che ha sollevato nuovi, avvincenti quesiti, a partire dalla possibilità di indagare l'eventuale presenza di forme di vita extraterrestri. Ne abbiamo discusso con Mayor in occasione di una sua conferenza tenuta a Roma nel quadro della mostra "Macchine del Tempo" dell'Istituto Nazionale di Astrofisica.
Dalla scoperta che vi è valsa il Nobel a oggi sono stati scoperti oltre 5 mila esopianeti. Voi avete indicato come e dove guardare. Come arrivò l'intuizione?
Avevamo selezionato 1.042 stelle molto simili al sole. Non avevamo conoscenze a priori sulla velocità delle stelle. quindi, giorno dopo giorno di osservazione, ci siamo resi conto che la maggior parte di esse avevano una velocità piuttosto stabile. 51 Pegasi aveva cambiamenti nella velocità e le ragioni potevano essere differenti, poteva essere l'attività magnetica e così via ma in questo caso c'era il segnale che il cambiamento della velocità nel tempo era dovuto a qualcosa. Con alcuni semplici calcoli, possiamo determinare la matematica e la forma dell'orbita. È successo 27 anni fa o qualcosa del genere e oggi ne hanno scoperti più di 5 mila. Abbiamo aperto la porta. All'epoca non c'era molta gente che pensava fosse possibile trovare esopianeti, in pochissimi lavoravamo su quella materia, forse quaranta persone in tutto il mondo, non era un campo importante e proritario. E improvvisamente si è capito che potevamo trovarli, e abbiamo iniziato a cercarli. E abbiamo fatto tantissimo in un periodo brevissimo. La domanda che le persone si pongono ovviamente è se esistono forme di vita su questi pianeti e se possiamo essere in grado di costruire strumenti che ne colgano i segnali. Prove della formazione della vita. Al momento un enorme numero di colleghi prova ad analizzare la composizione chimica dell'atmosfera dei pianeti per cercare quelli che vengono chiamati biomarcatori, segnali di vita, perché la presenza di vita cambia un poco la composizione dell'atmosfera. Ed è questo che si cerca ora.
Avete sostenuto che la fisica funzioni allo stesso modo in tutto l'universo. Quindi possiamo escludere, per esempio, che dove non si rilevi un ciclo del carbonio ci possa essere vita?
La principale facoltà della vita è la capacità di trasmettere informazioni da una generazione all'altra. E da una generazione all'altra occore trasmettere un'enorme quantià di informazioni per proteggersi dall'ambiente circostante, sopravvivere et cetera. E l'unico modo è una catena di Dna. E non abbiamo alternative. Se qualcuno riesce a suggerire un meccanismo alternativo per trasferire informazioni da una generazione all'altra, allora puoi concepire forme di vita differenti ma finora nessuna proposta convincente è stata suggerita dal punto di vista chimico.
La vita fuori dalla Terra potrebbe essere più vicina di quanto immaginiamo. Di recente è partita la missione Juice verso le lune di Giove, che contengono acqua. Potrebbero esserci batteri?
Sì, questo è molto importante, immaginiamo che tra, non so, dieci o vent'anni rileviamo la presenza di alcuni biomarcatori chimici nell'atmosfera di qualche esopianeta. Questo darebbe una risposta alla grande domanda: siamo soli nell'universo? Sapremmo che ci potrebbero essere forme di vita, anche se non sappiamo che forme di vita. La missione mandata a analizzare la calotta di ghiaccio del satellite Europa potrebbe trovare delle crepe nel ghiaccio e se dalle crepe salisse acqua avremmo materiale da analizzare senza il bisogno di scavare. Immaginiamo se sciogliendo e filtrando questo ghiaccio scoprissimo delle forme di vite molto semplici. La domanda è: che forme di vita saranno? Saranno basate sugli stessi amminoacidi? Il Dna sarebbe simile, considerando che tutte le forme di vita hanno una struttura del Dna molto simile? Se ci fosse una formula differente, ciò significherebbe che la vita può seguire differenti percorsi. Quindi questa missione Juice sarà estremamente eccitante. Fino a non molti anni fa nessuno pensava che ci potessero essere altre forme di vita nel sistema solare, ora è una questione del tutto aperta. Forse sì, forse no. Vedremo. Per le generazioni più giovani è bello non avere sicurezze ma enormi domande su questi campi della scienza. Scopriremo cosa sono l'energia oscura o la materia oscura, se c'è vita su altri pianeti, gli interrogativi sui buchi neri e così via. Ora sto parlando di astrofisica ma puoi dire la stessa cosa di tantissimi altri settori.
Quando si parla di vita su altri pianeti, la prima cosa che viene in mente è la possibilità di altre forme di vita intelligenti, non i batteri. Ritiene che il genere umano possa essere stato una singolarità?
Sono più propenso ad analizzare i passi più semplici di questo cammino, le prove di forme di vita molto elementari. La questione della vita intelligente è il grande sogno di comunicarci, che è una storia del tutto differente. Non c'è alcuna prova è al momento non abbiamo alcuna risposta. Forse esiste ma non lo possiamo sapere. La domanda è quanto una forma di vita intelligente possa svilupparsi prima di distruggere se stessa. Oggi c'è chi si domanda se, giunti a un certo livello di sviluppo tecnologico, si sia in grado di non usarlo in modo malvagio.