AGI - Volare nello spazio è una sensazione splendida ma è anche un'esperienza estrema che pone a mente e corpo umani sfide per le quali non erano stati concepiti. Questo il motivo per cui, con buona pace di Richard Branson, il turismo cosmico non sarà mai un business di successo, spiega l'astronauta Roberto Vittori, l'italiano che è stato tre volte nello spazio, durante la conferenza che ha aperto il ciclo di eventi legati alla mostra "Macchine del Tempo" organizzata al Palaexpo dall'Istituto Nazionale di Astrofisica.
"Sono stato sulla Stazione Spaziale Internazionale (Iss) tre volte - nel 2002, nel 2005 e nel 2011 - e la vita sull'Iss è quanto di più incredibile si possa concepire", è il ricordo di Vittori, "all'interno c'è la cosiddetta condizione di microgravità, da non confondere con l'assenza di gravità: a 400 chilometri di distanza dalla superficie terreste la gravità è praticamente la stessa. All'interno si galleggia perché è come se la stazione cadesse continuamente verso la terra e il motivo per cui non va a sbattere è la velocità,. È come quando siamo su un rollercoaster e facciamo il giro della morte: non cadiamo perché c'è la forza centrifuga e questa condizione di movimento a 27 mila chilometri all'ora provoca al'interno la condizione particolare del galleggiamento".
Come si trasforma il cervello in orbita
"L'uomo che si trova a volare a bordo della stazione si trasforma, a metà tra un un uccello e un pesce", prosegue l'astronauta, "se sono in microgravità e lascio il microfono non cade ma galleggia di fronte a me, dal rubinetto l'acqua non scorre ma forma una bolla e questo crea una situazione molto particolare, soprattutto dal punto di vista della ricerca medica. È come tornare bambini, il cervello reimpara ad analizzare quello che vede e quello che sente, che non si correla più".
"Le gambe e i piedi non servono, io usavo i calzettoni per metterci le matite", racconta Vittori, "gli sforzi sono soprattutto in rotazione, vivere nella condizione di microgravità cambia completamente il modo in cui il cervello analizza e interagisce con il mondo esterno. È uno stato di confusione, tutto galleggia, non ci sono cassetti, la tecnica per mettere le cose è col velcro, in modo tale da usare le pareti della stazione per sistemare i vari oggetti".
Le 'pratiche di cameretta', il momento più difficile
Il momento più difficile arriva dopo le 8 di sera, quando finisce la giornata lavorativa dell'astronauta e prima di spegnere le luci, alle 11, quando è il turno di quelle che nel linguaggio dell'aeronautica vengono chiamate "pratiche di cameretta". "È il vero momento in cui c'è il problema", sottolinea Vittori, "perché fintanto che sei sotto pressione, hai cose da fare, esperimenti, ginnastica e quant'altro c'è sì il mal di spazio - come c'è il mal d'aereo o il mal d'auto - ma c'è anche l'adrenalina della giornata lavorativa. Il problema è quando tutto si rilassa e per la prima volta ti trovi con te stesso in questa situazione molto strana che è il galleggiamento e le cose di vita quotidiana diventano incredibilmente interessanti e incredibilmente complicate".
"Il lavarsi i denti è una delle prime cose che ti colpiscono", prosegue l'astronauta, "noi siamo abituati all'acqua che scorre, lì basta una goccia o due, l'efficienza di una goccia è incredibile, anche per farsi la barba basta. Poi c'è la parte, per così dire, simpatica, ovvero i bisogni fisiologici. Tutto galleggia: immaginate come una delle cose più naturali diventi complicata in microgravità. Nelle missioni di breve durata c'è stata gente che è atterrata direttamente e ha saltato il tentativo di gestire il problema ma sulla lunga durata, i sei mesi, non ce la fai".
Arriva poi il momento di addormentarsi che "è veramente difficile, con buona pace del concetto di turismo spaziale di Richard Branson: non c'è una discontinuità tra veglia e sonno come quando si va a letto, la differenza tra giorno e notte e tra movimento e riposo è solo tra occhio aperto e occhio chiuso, non cambia nulla, e la spina dorsale si trova totalmente confusa, come è confuso il cervello". "Ci sono tutta una serie di tecniche per cercare di compensare", conclude, "però sicuramente gli scenari di alberghi orbitanti o attività turistiche in orbita saranno assolutamente inconcepibili".