AGI - Un articolo pubblicato su Nature Communications suggerisce che alcuni grandi terremoti potrebbero essere rilevati mesi o addirittura anni prima da segnali sismici unici, come quelli che hanno preceduto il terremoto di magnitudo 7,8 del 2023 a Kahramanmara, in Turchia, fortemente avvertito anche in Siria.
Gli autori suggeriscono che lo sviluppo di sistemi di allerta per il terremoto richiederebbe reti di rilevamento locali e regionali più ampie, oltre al monitoraggio di faglie secondarie che accompagnano le principali faglie di rottura. Questi risultati potrebbero migliorare la nostra capacità di prevedere alcuni futuri grandi terremoti.
Nonostante l'urgente necessità socio-economica di avvertire le persone e proteggere le infrastrutture critiche, al momento non è possibile prevedere a breve termine la magnitudo, il momento e il luogo di un terremoto. In alcuni casi, i processi che portano a un terremoto possono durare mesi o addirittura anni, periodo che potrebbe essere monitorato e potenzialmente riconosciuto.
Tuttavia, seguire questi processi e identificare i segnali sismici come indicatori di un imminente grande terremoto rimane una sfida. Il 6 febbraio 2023, un terremoto di elevata magnitudo ha colpito la Zona di Faglia dell'Anatolia Orientale causando danni diffusi e vittime in Turchia e Siria.
La rottura è iniziata su una faglia secondaria, per poi propagarsi alla faglia principale. I ricercatori del Centro Helmholtz di Potsdam presso il Centro di Ricerca Tedesco per le Scienze Geologiche in Germania hanno scoperto un'accelerazione nei tassi di eventi sismici e un rilascio di energia maggiore a partire da circa 8 mesi prima del terremoto di Kahramanmara del 2023, organizzati in gruppi entro 65 km dall'epicentro.
Sebbene la rottura principale sia avvenuta su una faglia e in una regione precedentemente identificata come ad alto potenziale sismico, i segnali preparatori si sono verificati sia sulla faglia principale che su una faglia secondaria, a cui era stata data poco peso in precedenza.
Anche se alcuni grandi terremoti possono mostrare una fase preparatoria monitorabile, gli autori notano che, a causa del gran numero di variabili, riconoscere tali segnali e utilizzarli per la previsione sismica a medio termine rimane difficile. I risultati evidenziano le sfide nel rilevare la fase preparatoria e di nucleazione dei grandi terremoti.
Gli autori suggeriscono che una comprensione completa dei fenomeni preparatori sarebbe necessaria per lo sviluppo di futuri sistemi di allerta, e che un monitoraggio sismico più completo insieme a registri sismici a lungo termine potrebbe migliorare la nostra capacità di riconoscere i processi di preparazione sismica da altre transizioni di deformazione regionali.