AGI - “Entro il 2050 un altro miliardo di persone vivrà in aree aride e regioni ad elevato stress idrico”, scrive il Washinton Post nel riportare i dati di uno studio recente del World Resources Institute (Wri). Di fatto, ogni anno viene consumato almeno il 40% dell'approvvigionamento idrico rinnovabile e due quinti della popolazione mondiale – pari a 3,3 miliardi di persone in totale -vivono attualmente in tali aree.
Lo “stress idrico” è la misura di quanta sia la domanda di approvvigionamento idrico una determinata area geografica e ciò significa che più il punteggio più persone lottano per avere l'acqua. Cinque dei sei paesi più stressati si trovano in Medio Oriente e nel Nord Africa. L'Asia meridionale è la regione più densamente popolata che più soffre di stress idrico e mentre la popolazione continua a crescere, di pari passo la domanda d’acqua continua ad aumentare, riferisce il quotidiano della capitale americana.
Intanto “la metà della superficie terrestre della Spagna è utilizzata per l'agricoltura, ma la siccità e le temperature torride hanno portato alla distruzione dei raccolti”, la Catalogna è letteralmente in crisi, tanto che sta importando ingenti botti d’acqua per far fronte alle esigenze dei cittadini. Così Arizona, New Mexico, Colorado, Nebraska, California e Idaho “utilizzano più acqua di quanta ne ricevano ogni anno”, esaurendo le riserve delle falde sotterranee per sostenere l'agricoltura e il fabbisogno industriale.
Con il cambiamento climatico, "le sfide idriche diventeranno solo più frequenti e più intense", dichiara Heather Cooley, direttrice della ricerca per il Pacific Institute, "e questo deve motivarci a iniziare a preparare e implementare i progetti di recupero e contro lo spreco idrico”.
Il Post scrive anche che l'analisi del World Resources Institute tiene conto delle acque superficiali, ma non delle riserve di acque sotterranee che vengono sfruttate fino a prosciugare laghi, fiumi e bacini. “Ciò significa – si legge – che le nuove stime potrebbero sottovalutare il rischio futuro. Molte aree rurali, infatti, utilizzano le acque sotterranee per l'acqua potabile e gli agricoltori di tutto il mondo fanno affidamento su di esse per l'irrigazione”. Altresì, accade che “le acque sotterranee spesso si riempiono molto più lentamente delle acque superficiali”.
Il punto, pertanto, è che "non stiamo affatto verificando quanto l'acqua sotterranea sia a rischio di esaurimento", ha affermato Samantha Kuzma, responsabile dei dati di Aqueduct presso il World Resources Institute. E solo a metà dell'1% dell'approvvigionamento idrico mondiale è acqua dolce in forma liquida. “Il resto è acqua salata o congelata nei ghiacciai”.
L'acqua, nel frattempo, viene anche utilizzata per fabbricare beni, estrarre minerali e produrre energia, ma il suo utilizzo maggiore, a livello globale, “è per la produzione alimentare”, tant’è che l’agricoltura “rappresenta il 70% del consumo d’acqua ogni anno ed è profondamente influenzata dai cambiamenti delle precipitazioni”, legati al fattore climatico.
Secondo il National Geographic, che si occupa del tema in un accurato servizio, “la tendenza globale è preoccupante”, perché la domanda d’acqua cresce in continuazione in molti settori, tant’è che sempre più “si sta colmando il divario tra domanda e offerta rinnovabile attingendo alle falde acquifere in profondità”. E “il rischio è il loro esaurimento”.
Che fare, allora? “Diamo l’acqua per scontata. Non può più esser così", conclude la direttrice Heather Cooley.