AGI - Il verde indocianina, una sostanza impiegata nelle indagini diagnostiche, sembra ridurre la tossicità dell’Amanita phalloides, comunemente nota come Tignosa verdognola, un fungo mortale della famiglia Amanitaceae, diffuso anche nei boschi italiani, nonché il più pericoloso esistente in natura.
Lo rivela uno studio, pubblicato sulla rivista Nature Communications, condotto dagli scienziati della Sun Yat Sen University e dell’Università di Sydney. Il team, guidato da Bei Wang e Qiao-Ping Wang, ha utilizzato lo screening CRISPR dell’intero genoma per analizzare l’α-amanitina, la tossina prodotta dalla Tignosa verdognola, responsabile di oltre il 90 per cento dei decessi correlati ai funghi in tutto il mondo.
L’avvelenamento da funghi, osservano gli scienziati, rappresenta la principale causa di mortalità negli incidenti di intossicazione alimentare a livello globale. Solo in Cina, tra il 2010 e il 2020 sono stati segnalati quasi 40 mila casi e 788 decessi.
L’α-amanitina provoca danni irreparabili al fegato o ai reni, fino a portare alla morte di chi la assume. Nonostante i suoi effetti letali, gli esatti meccanismi molecolari della tossicità di questa sostanza restano poco chiari, tanto che non esiste ancora un antidoto specifico. Il gruppo di ricerca ha scoperto che la proteina STT3B, un componente chiave del percorso di biosintesi dell’N-glicano, svolge un ruolo chiave nella tossicità dell’α-amanitina. Questa proteina, riportano gli autori, può essere inibita dal verde indocianina, una tricarbocianina impiegata nelle indagini diagnostiche mirate a valutare le funzionalità epatiche, renali, oculari e polmonari.
I ricercatori hanno poi utilizzato un modello murino e uno preclinico per esaminare i meccanismi associati alla tossicità di questa sostanza. Il verde indocianina, riportano gli studiosi, sembrava aumentare la probabilità di sopravvivenza delle linee cellulari umane e gli esemplari di topolini esposti all’α-amanitina.
Saranno necessari ulteriori approfondimenti, commentano gli esperti, per comprendere le ragioni alla base di questo effetto e valutare la sicurezza e la tollerabilità del verde indocianina come inibitore dell’α-amanitina. “Visto l’elevato tasso di mortalità associato all’Amanita phalloides – si legge nell’articolo scientifico – è necessario comprendere meglio la tossicologia molecolare della componente dannosa per l’organismo in modo da individuare potenziali antidoti contro l’avvelenamento da funghi. Nel nostro lavoro, abbiamo identificato diversi geni e percorsi importanti coinvolti nella morte cellulare indotta dall’α-amanitina e la proteina STT3B sembrava uno dei principali responsabili di questi processi, convalidato sia farmacologicamente che geneticamente”. Un metodo di combinazione dello screening CRISPR dell’intero genoma con lo screening virtuale dei farmaci, concludono gli autori, potrebbe aiutare a identificare rapidamente nuovi antidoti per altri veleni e sostanze pericolose per l’uomo.