AGI – Le specie di Homo, e in particolare i sapiens, potevano adattarsi a una varietà di condizioni ambientali e paesaggistiche significativamente distanti tra loro grazie allo sviluppo di una serie di capacità cognitive e comportamentali che hanno permesso ai nostri antenati di prosperare e sopravvivere nelle difficili e fluttuanti condizioni del Pleistocene. A questa conclusione giunge uno studio, pubblicato sulla rivista Science, condotto dagli scienziati dell’Institute for Basic Science presso la Pusan National University.
Il team, guidato da Elke Zeller, ha elaborato una simulazione transitoria per modellare il sistema terrestre di tre milioni di anni fa, utilizzando inoltre i dati archeologici e fossili appartenenti a sei diverse specie di Homo.
I sapiens, spiegano gli esperti, sono gli unici ominidi sopravvissuti oggi, spiegano gli esperti, perché hanno dimostrato una capacità sorprendente di rispondere in modo efficiente agli stimoli ambientali e alle sfide climatiche cui sono stati sottoposti. I motivi alla base di questa adattabilità, però, sono ancora piuttosto dibattuti, e non è chiaro se dipendano da una serie di cambiamenti fisiologici e sociali o da una combinazione di fattori ed eventi meramente casuali.
Determinare in che modo gli ominidi siano riusciti a prosperare e il legame di queste specie con l’ambiente potrebbe tuttavia avere importanti implicazioni anche per sviluppare strategie di adattamento alle difficili condizioni correlate al cambiamento climatico che l’umanità dovrà affrontare nel prossimo futuro. L’analisi suggerisce che i primi ominidi africani, tra cui H. habilis e H. ergaster, vivevano prevalentemente in ambienti aperti e secchi, come le praterie.
Dopo aver lasciato il continente africano, l’H. erectus si è stabilito in ambienti più variegati, comprese regioni boscose temperate. Le specie più recenti, come H. neanderthalensis, sono state poi in grado di adattarsi anche in habitat meno miti e più freddi. Stando a quanto emerge dall’indagine, quindi, l’H. sapiens ha poi iniziato a occupare anche ambienti estremi, come i deserti e la tundra, attraverso lo sviluppo di capacità cognitive e comportamentali senza eguali.
Queste abilità avrebbero permesso ai nostri antenati di sfruttare le peculiarità e le diversità degli habitat per ottenere preziose risorse alimentari. Nel complesso, concludono gli autori, il lavoro rivela un modello utile per comprendere in che modo le specie di Homo si siano adattate agli habitat più diversificati negli ultimi tre milioni di anni.