AGI - Il più brillante lampo di raggi gamma mai osservato fa la radiografia della nostra Galassia. Lo studio dettagliato è stato pubblicato su The Astrophysical Journal Letters da un gruppo internazionale di scienziati guidati da Andrea Tiengo, professore associato della Scuola Universitaria Superiore IUSS di Pavia.
La mattina di domenica 9 ottobre 2022 i rivelatori a bordo di tutti i principali satelliti scientifici sono stati investiti da un intenso segnale di radiazione di alta energia, che, dopo qualche ora di incredulità e confusione, è stato riconosciuto come il lampo di raggi gamma (gamma-ray burst, abbreviato in GRB) più brillante della storia.
I GRB sono brevi impulsi di radiazione (specialmente raggi gamma, ma estesa lungo tutto lo spettro elettromagnetico) generati dall’esplosione di una stella massiccia in una galassia lontana, che porta probabilmente alla formazione di un buco nero. Quello che differenzia i GRB dalle normali esplosioni di supernova è la formazione di un sottile fascio di radiazione che, se punta direttamente nella nostra direzione, li rende i fenomeni più potenti mai osservati nell’intero Universo.
Tra le migliaia di GRB osservati finora, quello del 22 ottobre, denominato GRB221009A proprio in base alla data in cui è stato scoperto, è di gran lunga il più brillante, grazie a una straordinaria combinazione di luminosità intrinseca e vicinanza. Infatti, pur essendo avvenuto in una galassia a quasi 2 miliardi di anni luce da noi, GRB221009A è tra i GRB più vicini mai osservati, e si è calcolato che un GRB così brillante potrebbe avvenire solo una volta ogni diecimila anni.
Un’altra incredibile coincidenza è che GRB221009A non si trova in una zona qualunque del cielo, ma si colloca proprio in quella sottile fascia luminosa che ormai riusciamo a distinguere solo dalle zone più remote del nostro pianeta, dove non prevale l’inquinamento luminoso: la Via Lattea. Questo significa che la radiazione del GRB, dopo quasi 2 miliardi di anni trascorsi nello spazio intergalattico, ha iniziato ad attraversare il piano della nostra Galassia, incontrando lungo il suo percorso tutta una serie di dense nubi di gas e polvere.
Una parte di questa radiazione, nella banda dei raggi X, ha quindi rimbalzato contro i granelli di polvere che si trovano in queste nubi, cambiando la sua direzione e percorrendo perciò un tragitto più lungo prima di essere rilevata dagli strumenti. Pur muovendosi alla velocità della luce, questi raggi X ci sono quindi arrivati con un ritardo di diverse ore e questo ritardo è tanto maggiore quanto più lunga è la deviazione che hanno subito.
Per una nube a una certa distanza, il ritardo è proporzionale all’angolo di cui sono stati deviati i raggi X e di conseguenza ciascuna nube produce una perfetta circonferenza intorno alla posizione del GRB, il cui raggio, corrispondente all’angolo di deviazione, cresce nel tempo. Le prime osservazioni ai raggi X di GRB221009A, infatti, hanno mostrato una serie di anelli concentrici, prodotti da nubi a distanze diverse, con raggi sempre più grandi (e intensità decrescente) man mano che il tempo passava.
“I primi anelli - spiega Tiengo - intorno a un GRB sono stati osservati quasi 20 anni fa e da allora sono rimasto affascinato da questo fenomeno, riuscendo a osservarlo nuovamente solo poche volte. Ma non avrei mai immaginato che il GRB più brillante della storia potesse avvenire proprio dietro la Via Lattea, permettendoci di fare una tomografia così dettagliata della nostra Galassia”.
Il lavoro si basa sui dati raccolti in due osservazioni, ottenute 2 e 5 giorni dopo il GRB con il satellite dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) XMM-Newton, che hanno permesso di individuare e studiare ben 20 nubi di polvere a una distanza compresa tra circa 1000 e 60000 anni luce da noi.
“Ciascun anello è stato prodotto dall’interazione con una specifica nube in un determinato momento che possiamo derivare precisamente dal raggio dell’anello, come negli anelli di accrescimento degli alberi. Per esempio, l’anello più brillante è stato generato da una nube a circa 2380 anni luce da noi, che quindi è stata colpita dal GRB quando sul nostro pianeta nasceva Alessandro Magno” spiega ancora Tiengo. Oltre a derivare la distanza delle nubi, l’analisi di questi dati ha permesso anche di dedurre la composizione e la dimensione dei granelli di polvere contenuti nelle nubi stesse e a ricostruire le caratteristiche dell’emissione di raggi X dal GRB, che era stato possibile osservare direttamente solo a energie più elevate.
Del gruppo di ricerca che ha condotto questo studio fanno parte altri quattro componenti della Scuola IUSS: Paolo Esposito, anche lui professore associato in astronomia e astrofisica, Andrea Sacchi, titolare di un assegno di ricerca, Beatrice Vaia, studentessa del Dottorato Nazionale in Space Science and Technology, e Simone Filippi, studente della laurea magistrale in Scienze Fisiche dell’Università di Pavia e allievo della classe di Scienze, Tecnologie e Società della Scuola IUSS.