AGI - Lo scimpanzé dell'Africa occidentale, una specie considerata a rischio di estinzione dall'Unione internazionale per la conservazione della natura, potrebbe beneficiare di una serie di azioni di monitoraggio genetico non invasivo. A dimostrarlo uno studio, pubblicato sulla rivista Conservation Science and Practice, condotto dagli scienziati del Dipartimento di antropologia evolutiva presso l'Università di Zurigo, dell'Università del Kent, dello Zoo di Copenaghen, dell'Università di Copenaghen, del Texas A&M e dell'Istituto di ricerca ambientale di Bossou in Guinea.
Il team, guidato da Kathelijne Koops, ha raccolto quasi mille campioni fecali tra il 2003 e il 2018. La riserva naturale rigorosa del Monte Nimba, patrimonio mondiale dell'UNESCO, situata ai confini di Guinea, Liberia e Costa d'Avorio nell'Africa occidentale, ospita una popolazione unica di questi primati. La regione risulta tuttavia minacciata dalle attività minerarie svolte al confine con l'area. La Guinea è infatti ricca di minerali, in particolare il ferro, che raggiunge concentrazioni tra le più elevate al mondo. "È' fondamentale stabilire strumenti per monitorare questa popolazione di scimpanzé - afferma Koops - e considerare in modo più preciso l'impatto dell'attività mineraria".
Le stime potrebbero essere più basse della realtà
I ricercatori hanno valutato la composizione della comunità di animali e i confini dell'areale. L'analisi ha rivelato i legami familiari e gli spostamenti degli esemplari che abitavano nella regione. In totale, riportano gli studiosi, sono stati identificati 136 scimpanzé facenti parte di quattro diverse comunità o gruppi sociali. Gli esperti precisano però che il numero effettivo di individui potrebbe essere significativamente più alto rispetto alle stime ottenute. "Nella nostra indagine - afferma Christina Hvilsom, genetista della conservazione presso lo zoo di Copenaghen - non siamo riusciti a includere in modo affidabile i campioni fecali degli animali più giovani. Allo stesso tempo, è importante sottolineare che alcune aree della catena montuosa rimangono sottocampionate e, pertanto, sottostimate".
"I nostri risultati - aggiunge Peter Frandsen, collega e coautore di Hvilsom - evidenziano l'utilità del censimento genetico per il monitoraggio temporale delle popolazioni e dei loro spostamenti". I dati emersi dall'analisi, commentano gli studiosi, consentono quindi di prevedere con più precisione il modo in cui la costruzione di strade e le attività di estrazione mineraria potrebbero influenzare il movimento degli animali, la disponibilità di risorse alimentari e le possibilità di nidificazione.
"Questo lavoro - conclude Koops - dimostra il valore dell'impiego di approcci genetici non invasivi per ottenere dati utili a stimare la presenza, la struttura e la salute delle popolazioni di animali. Nei prossimi step, suggeriamo di utilizzare il campionamento genetico unito alla raccolta di immagini fotografiche. Tali metodi potrebbero fornire solide linee di base per il biomonitoraggio e la conservazione delle specie a rischio, che comprendono non solo gli scimpanzé dell'Africa occidentale, ma anche altri grandi primati".