AGI - "Decolonizzare" gli zoo e il mondo della conservazione - ovvero tutela dell'ambiente e delle specie, minacciati di degrado o di estinzione - coinvolgendo le comunità locali, cacciatori compresi, troppo spesso trascurate in nome della difesa universale dell'ambiente e della fauna: è il senso di una proposta lanciata da due grandi esperti del settore, Spartaco Gippoliti della Società Italiana per la Storia della Fauna G. Altobello e Corrado Battisti della Città Metropolitana di Roma.
"Si continuano a richiedere nuove aree protette, bandi sull'utilizzo della fauna e maggiori azioni legali e repressive senza porsi alcuna domanda sulle ricadute per le comunità locali", denunciano i due naturalisti in un articolo pubblicato sulla rivista 'Ethics in Science and Environmental Politics'.
Un esempio concreto è "la leggerezza con cui diverse Ong occidentali promuovono il cosiddetto 'Rewilding' in regioni africane, sottovalutando i pericoli che specie come leoni ed elefanti, oltretutto nuovi dell'ambiente, pongono alle comunità rurali che vivono ai margini delle riserve". Nell'articolo dal titolo 'The humanised zoo: decolonizing conservation education through a new narrative', viene anche citato il bando nel commercio dei derivati dalla caccia di alcune specie, come l'orso polare, che influisce sull'economia degli Inuit senza combattere cause potenziali del declino della specie che nulla hanno a che fare con la caccia.
I due esperti indicano la loro ricetta per la decolonizzazione: "Maggiori contatti interdisciplinari con antropologi ed etnologi, privilegiare i progetti di conservazione che realmente vedono le comunità come attori insieme agli ambientalisti, ricordarci che spesso la conservazione è possibile solo attraverso le conoscenze dei cacciatori locali che raramente compaiono nelle nostre pubblicazioni scientifiche".
Spartaco Gippoliti, esperto di Africa e di mammiferi africani e una delle massime autorità italiane sui giardini zoologici, ha spiegato che "l'articolo nasce dalla necessità di ampliare la visuale degli ambientalisti e dei cittadini che raggiungiamo con i nostri messaggi sulla complessità del 'fare' conservazione in realtà lontane, dove spesso la cultura e le necessità delle comunità locali rimangono sfocate in secondo piano". "Anche se in gran parte del mondo abbiamo assistito negli ultimi cinque anni a un estendersi dei movimenti di decolonizzazione che mirano a ricostruire le storie nazionali incorporando quella delle popolazioni indigene", osserva l'esperto di conservazione dei mammiferi, "la narrazione degli ambientalisti occidentali sembra non influenzata da tutto ciò, e si continuano a richiedere nuove aree protette, bandi sull'utilizzo della fauna e maggiori azioni legali e repressive senza porsi alcuna domanda sulle ricadute per le comunità locali".
Alcuni giardini zoologici, sottolinea Gippoliti, già si muovono in una ottica di decolonizzazione: il Bioparc Zoo di Duoé la Fontaine in Francia collabora dal 2001 con la Association pour la Sauvegarde des Girafes du Niger (ASGN), formata dalle stesse comunità locali, ottenendo lusinghieri risultati per la minacciata Giraffa dell'Africa occidentale.
Il Giardino Zoologico di Colonia da oltre un ventennio collabora con le autorità del Vietnam e la locale comunità scientifica in progetti che hanno portato alla identificazione di decine di nuove specie di rettili di cui si cura poi l'allevamento a scopo di conservazione.
Quale proposta in concreto per gli altri giardini zoologici? "Non abbiamo simpatia per la 'Cancel Culture'", assicura Gippoliti, "e quindi noi suggeriamo di erigere nuovi monumenti piuttosto che buttare giù quelli vecchi. Ci siamo rivolti ai giardini zoologici per la loro prominenza nel campo dell'educazione naturalistica e della conservazione ma, sia ben chiaro, quello della decolonizzazione della narrazione ambientale è una problematica ben più ampia che abbraccia Ong, ministeri, corpi militari, musei, università e governi locali, e non è limitata a realtà extraeuropee; nessuno si senta escluso!".