AGI - "È nel campo biomedico che oggi la clonazione trova le sue maggiori applicazioni". Lo ha spiegato all'AGI Cesare Galli, massimo esperto italiano in clonazione e uno degli scienziati che ha lavorato con Ian Wilmut, il "papa'" della pecora Dolly. Oggi si celebra il 20esimo anniversario dalla morte di Dolly e in tutti questi anni "le prospettive, le tecniche, le applicazioni e le competenze in materia di replicazione di esseri viventi sono cambiate notevolmente", spiega l'esperto.
"La clonazione - spiega Galli, ricercatore presso Avantea - è una tecnica interessante che può portare a risultati importanti, ma la cui efficienza è ancora piuttosto ridotta. Si pensi che le capacità odierne sono associate a un tasso di successo pari a un decimo rispetto a quello della fecondazione in vitro. Ciò implica costi elevati e una limitazione delle possibili applicazioni, che vengono quindi circoscritte a una nicchia di possibilità".
L'esperto spiega infatti che la clonazione viene oggi poco utilizzata in ambito zootecnico. In Nord e Sud America e nel Sud Est Asiatico, ad esempio, gli animali replicati, principalmente bovini, vengono utilizzati come riproduttori e non entrano nella catena alimentare. Gli esemplari femminili vengono quindi impiegati per la produzione di embrioni, mentre le controparti maschili sono destinate alla raccolta di liquido seminale per l'inseminazione artificiale. "Uno degli ambiti più prolifici in questo campo - continua Galli - riguarda la clonazione di cavalli da sport. In Europa si tratta di un'attività piuttosto ridotta, che porta mediamente alla nascita di due o tre clonazioni equine all'anno, mentre nel Sud America, in Argentina e Brasile i costi inferiori, la maggiore disponibilità di spazio e di animali rendono le pratiche più percorribili".
In questi casi, spiega l'esperto, gli animali vengono principalmente impiegati nello sport del polo. Il ricercatore precisa poi che l'aspettativa di vita di queste specie è paragonabile a quella di animali non clonati. Ne è un esempio Promotea, la prima cavalla clonata, un risultato ottenuto nel 2003 dal gruppo di lavoro di Galli e che il prossimo 28 maggio compirà 20 anni. "Negli Stati Uniti - aggiunge il ricercatore - sono inoltre in fase di approvazione suini resistenti a PRRS (sindrome respiratoria e riproduttiva virale), allo scopo di prevenire i potenziali danni all'allevamento e individuare strategie per promuovere il benessere del bestiame".
"Nel campo biomedico - precisa infine Galli - la clonazione non è un fine, quanto piuttosto un mezzo per ottenere l'editing del genoma, principalmente della specie suina. In particolare, diversi team di scienziati analizzano l'effetto derivante dall'introduzione o dalla rimozione di determinati geni. Queste conoscenze potrebbero contribuire allo sviluppo di nuove terapie geniche e genetiche volte a contrastare patologie e condizioni cliniche che oggi sono ancora prive di una vera e propria cura o a fornire animali donatori di organi per il trapianto sull'uomo".