AGI - I pesci che nuotano nelle barriere coralline devono imparare le nuove leggi di natura per riconoscere i predatori a causa dell'alterazione dell'ambiente in cui vivono e di cui si nutrono. A porre l'accento su questa inaspettata conseguenza del cambiamento climatico antropogenico uno studio, pubblicato sulla rivista Proceedings of the Royal Society B Biological Sciences, condotto dagli scienziati della Lancaster University. Il team, guidato da Sally Keith, ha esaminato cinque regioni dell'Indo-Pacifico, valutando la capacità della fauna ittica marina di identificare i potenziali concorrenti.
I ricercatori hanno considerato principalmente i pesci farfalla (Chaetodontidae), e la loro abilità di rispondere in modo appropriato alle potenziali minacce. Gli studiosi hanno raccolto oltre 3.700 osservazioni di 38 specie di pesci farfalla tipici delle barriere coralline, confrontando il comportamento degli animali prima e dopo gli eventi di sbiancamento dei coralli, di cui i pesci farfalla si nutrono. Stando a quanto emerge dall'indagine, la specie mostra maggiori difficoltà in seguito allo sbiancamento dei coralli.
I pesci tendono quindi a ingaggiare combattimenti e consumare preziosa energia, il che potrebbe avere serie implicazioni per la sopravvivenza della specie. "Riconoscere una potenziale minaccia - afferma Keith - è fondamentale per i Chaetodontidae, che quindi riescono poi a prendere decisioni in merito alla possibile competizione. Le regole di ingaggio si sono evolute anche in relazione all'ambiente circostante, il cui cambiamento può disorientare i pesci".
Dopo la mortalità dei coralli, riportano gli autori, oltre il 90 per cento delle interazioni si trasformava in un combattimento, a differenza del 72 per cento prima dell'evento. Allo stesso tempo, la ricerca rivela che la distanza degli inseguimenti tendeva ad aumentare a causa dell'elevato consumo di energia che i Chaetodontidae utilizzano per scacciare potenziali minacce. "Il modo in cui i pesci nelle barriere coralline rispondono al cambiamento ambientale - conclude Keith - sembra similare indipendentemente dalla posizione geografica esaminata. Comprendere questi comportamenti èfondamentale per prevedere in che modo le comunità ecologiche potranno cambiare in futuro".