AGI - La vita selvatica sta scomparendo in tutto il mondo, negli oceani come sulla terraferma. Sulla Terra la causa principale è che gli esseri umani stanno conquistando una fetta sempre più grande del pianeta, distruggendo ciò che vi era prima, le aree naturali ancora libere. Si aggiunge poi il cambiamento climatico e altre forme di ingerenza sull’ambiente che rendono più difficile la sopravvivenza di certe specie animali.
Al tema il New York Times dedica un ampio servizio nel quale elenca alcuni dei vertebrati che negli ultimi vent’anni hanno perso di più in termini di habitat, vedendo svanire almeno un terzo del proprio ambiente almeno negli ultimi dieci: senza elencarli tutti, i primi sono circa 150 mammiferi, uccelli, anfibi e rettili che in maggior parte vive nelle foreste tropicali.
Il punto, osserva il quotidiano, è che in tutto il mondo la maggior parte della terra viene utilizzata per l’agricoltura e avanza il disboscamento per far pascolare il bestiame o piantare nuove colture. "Se la foresta scompare, anche loro scompariranno", ha affermato Walter Jetz, professore di scienze della biodiversità alla Yale University che guida Map of Life, una piattaforma che incrocia immagini satellitari con dati ecologici per stabilire come i gruppi di specie stanno cambiando in tutto il mondo.
In questi giorni, però, diversi paesi si stanno confrontando a Montreal per provare a tracciare un percorso diverso. Protratto di due anni a causa della pandemia, le delegazioni stanno lavorando per ottenere un nuovo accordo decennale per affrontare la perdita della biodiversità nell'ambito d’un trattato delle Nazioni Unite detto anche Convenzione sulla diversità biologica. "Con il nostro appetito senza fine e una crescita economica incontrollata e diseguale, l'umanità è diventata un'arma di estinzione di massa", ha detto António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite, nelle sue osservazioni di apertura martedì della Cop15 a Montreal.
Un esempio? I ricercatori stimano che il pipistrello bianco dell'Honduras abbia perso circa la metà del suo habitat dal 2001 limitando così il proprio raggio d’azione.
Il fatto è che la popolazione mondiale è raddoppiata dal 1970. Oggi siamo 8 miliardi ma mentre il tasso di crescita della popolazione sta rallentando, il numero di persone continua a crescere. “I livelli di consumo in diverse parti del mondo significano che alcune popolazioni esercitano una maggiore pressione sulla natura. Negli Stati Uniti, ad esempio, ogni persona utilizza in media l'equivalente di otto ettari globali, secondo il Global Footprint Network, in Nigeria è invece circa un ettaro a persona. E per avere migliori opportunità per adattarsi ai cambiamenti climatici, le piante e gli animali hanno bisogno di spazio per poter migrare. Invece, esso è esaurito perché occupato dagli insediamenti dell’uomo.
Ecco perché l’appuntamento di Montreal è decisivo. L’ultima occasione per difendere questa nostra Terra che, come dice un vecchio slogan ambientalista, “è l’unica che abbiamo”. Dei tanti obiettivi in fase di negoziazione, quello che ha ricevuto maggiore attenzione cerca di affrontare la perdita di habitat a viso aperto. Conosciuto come 30x30, è un piano per salvaguardare almeno il 30% della terra e degli oceani entro il 2030. Più di 100 paesi sostengono la proposta.