AGI - Da verdi a nere. Le rane di Chernobyl, la centrale nucleare vicina a Kiev, in Ucraina, esplosa il 26 aprile 1986, il cui incidente ha segnato la storia nucleare mondiale, hanno cambiato colore.
Due ricercatori spagnoli, Pablo Burraco e il tedesco Orizaola, nel 2016 hanno fatto una curiosa scoperta, scrive Le Monde, ma lo scorso 28 agosto l’hanno messa nero su bianco in un articolo per la rivista Evolutionary Applications, in cui affermano che studiando la quantità di cesio registrata nei mesi dopo il disastro s’è potuto constatare che “più le rane provengono da aree altamente irradiate, più scura appare la loro pelle” in quanto sono i raggi ionizzanti a guidare il fenomeno.
Il meccanismo riguarda la melanina: il pigmento abbonda sulla pelle delle rane nere.
"Non dovrebbe sorprenderci", dice Pablo Burraco. Possiamo confrontare le nostre osservazioni con la colorazione della pelle associata alla luce solare negli esseri umani. Ovvero, si tratta di un'evoluzione accelerata nata dalle capacità protettive della melanina della "Hyla orientalis", dal nome della specie di rana in questione.
Il dramma nucleare di Chernobyl, scrive Le Monde, “ha sconvolto anche la nostra conoscenza dell'ambiente. Perché se da un lato ci si aspettava il colpo alle specie animali e vegetali, nessuno s’aspettava invece di vedere la natura riacquistare i suoi diritti così rapidamente. In pochi decenni, la zona di esclusione è diventata addirittura un rifugio per la biodiversità – linci, lupi, orsi… – ed è un laboratorio per scienziati”.
Dice Burraco, ricercatore post-dottorato alla stazione biologica Donana di Siviglia: “Ci siamo chiesti se potesse essere correlato all'incidente” e nell’articolo in questione i due scienziati rispondono affermativamente perché è proprio la straordinaria pressione selettiva provocata dai raggi ionizzanti che ha diretto l'evoluzione degli anfibi dal verde al nero. Per dimostrarlo, hanno dovuto tornare per quattro anni di seguito nella zona rossa. "È vietato soggiornarvi per più di quindici giorni all'anno e abbiamo voluto raccogliere campioni sufficienti per approcci fisiologici, genetici e morfologici". Sono stati così in grado di raccogliere 189 individui provenienti da 12 località, all'interno e all'esterno del perimetro di esclusione.
La ricerca serve anche a ricordare la capacità delle specie di evolversi rapidamente. “Già nel 1848 – si legge nell’articolo – entomologi britannici avevano descritto l'aspetto, vicino a Manchester, di forme nere della falena della betulla, di solito grigio chiaro. Così la falena potrebbe nascondersi meglio sulla corteccia degli alberi, annerita dal fumo di carbone. Più recentemente, gli esempi si sono moltiplicati”.
Nel 2017, il passaggio di un ciclone su un'isola caraibica ha selezionato le lucertole Anolis scriptus più capaci di aggrapparsi agli alberi, grazie ai cuscinetti più grandi sulle zampe anteriori e ai femori più piccoli. "Un'evoluzione che abbiamo trovato nella successiva generazione", afferma Anthony Herrel, del Museo Nazionale di Storia Naturale di Parigi, che ha partecipato allo studio. "L'evoluzione delle specie è il più delle volte molto lenta", continua. Tranne quando incontrano una pressione particolarmente forte. L'esplosione del reattore 4 della centrale di Chernobyl è stata una di queste.