AGI - “I social media hanno cambiato la vita in America in mille modi e quasi due americani su tre ritengono che questi cambiamenti siano in peggio”. Lo scrive “The Atlantic” riassumendo un’analisi dal titolo: “Sì, i social media stanno davvero minando la democrazia”, e ciò “nonostante quello che ha da dire Meta”.
Insomma, “negli ultimi 15 anni, i social si sono insinuati nella vita americana più profondamente delle app per la consegna di cibo e delle microplastiche nel flusso sanguigno”, rileva il settimanale, che evidenzia come “i ricercatori non hanno ancora raggiunto un consenso sul fatto che i social media siano dannosi” sicché “la mancanza di consenso lascia aperta la possibilità che i social non siano molto dannosi”.
Riflette Jonathan Haidt, l’estensore dell’analisi, psicologo sociale presso la Stern School of Business della New York University, che “forse siamo preda dell'ennesimo panico morale su una nuova tecnologia e, come con la televisione, ce ne preoccuperemo meno dopo alcuni decenni di studi contrastanti”: stanno cambiando “troppo rapidamente perché gli scienziati sociali possano coglierne gli effetti”.
Questo “richiede tempo, un paio d'anni, in genere, per condurre e pubblicare uno studio; a volte decenni prima che gli studiosi raggiungano un accordo” mentre frattempo “le piattaforme di social media possono cambiare radicalmente nel giro di poco tempo”.
Chiosa Haidt: “Anche se i social media hanno davvero iniziato a minare la democrazia (e la fiducia istituzionale e la salute mentale degli adolescenti) all'inizio degli anni 2010, non dovremmo aspettarci che le scienze sociali ‘risolvano’ la questione fino agli anni '30. A quel punto, gli effetti dei social saranno radicalmente diversi e i danni causati nei decenni precedenti potrebbero essere irreversibili”.
Il professore dice d’aver dimostrato con un recente saggio, come “alcune piccole modifiche all'architettura delle piattaforme social, implementate dal 2009 al 2012, abbiano aumentato la viralità dei post su quelle piattaforme, cambiando poi la natura delle relazioni sociali” in quanto “le persone possono diffondere voci e mezze verità più rapidamente”, tant’è che “piattaforme come Twitter e Facebook possono ora essere utilizzate più facilmente da chiunque per attaccare chiunque”.
Risultato? “Come se le piattaforme avessero distribuito un miliardo di piccole pistole, e sebbene la maggior parte degli utenti non volesse sparare a nessuno, tre tipi di persone hanno iniziato a farlo: l'estrema destra, l'estrema sinistra, i troll”.
Annalizza Haidt: “A questi gruppi è stato improvvisamente conferito il potere di dominare le conversazioni e intimidire i dissidenti fino a farli tacere. Un quarto gruppo, agenti russi, ha ricevuto un input” e “il loro progetto, nel 2013, era quello di fabbricare, esagerare o promuovere storie che avrebbero aumentato l'odio reciproco degli americani e la sfiducia nei confronti delle loro istituzioni”.
Risultato: “La polarizzazione politica è centrale nella storia della crescente disfunzione democratica”. Una “polarizzazione tossica”. Con aggravante: i messaggi “non è come leggerli su un giornale stando seduti da soli" ma "è come sentirli dalla squadra avversaria mentre siamo seduti con i nostri amici tifosi in uno stadio di calcio... Ci leghiamo alla nostra squadra urlando contro i fan dell'altra". Ciò che porta alla rissa.